VITA E VOLONTA’

La vita è un soffio, una carezza e una spinta a procedere, uno schiaffo forte e una eventualità inaspettata. Così coinvolge tutti coloro che ne fanno parte e tutto ciò che vi rientra.

La visione olistica prevede il cambiamento nell’insieme e la guarigione complessiva di un essere nella sua totalità e non nelle singole parti frazionate. La vita considera e comprende la salute e il benessere nella sua complessità, non nei suoi singoli componenti. Si è allegri quando intorno a noi c’è allegria e gioiosi se si vedono e percepiscono belle cose. Non è prevista nel mondo la gioia settoriale di una specie, una società o gruppo. Si è felici quando gli altri lo sono.

I Grandi lo sanno e lo trasmettono con il loro esempio. Non vi è possibilità di cambiare in meglio personalmente, se lo sguardo non è spinto in alto e in largo e se non guarda verso il basso. La gioia comprende il donare in distacco e il pretendere di evolvere ad ogni costo, con la consapevolezza che la nostra ascesa porta luce al mondo e illumina zone buie. Questo migliora la situazione di molti.

La vita prevede tale atteggiamento e scelta. Per i tempi bui scendono sulla Terra persone pulite che possono contrastare l’impatto negativo e con coraggio risplendono nell’oscurità. La vita attua questo e molto altro, perché ha un percorso univoco che comprende lo sviluppo nella sua totalità e quando si occupa di qualcuno lo fa con la visione d’insieme dell’umanità e del Cosmo. In questa visuale si muovono gli angeli e tutti coloro che aiutano la vita a manifestarsi e a gioire della sua esistenza.

Gli Angeli appoggiano, spingono e ricevono per restituire aumentato a chi ha buona volontà. Vedete, la volontà ce l’hanno tutti, ma quella di aiutare e darsi da fare per un mondo migliore è la sola che corrisponde all’impulso divino. Per questo Gesù ha detto ‘pace agli uomini di buona volontà’. Non ci si può aspettare oro da ciò che luccica, solo per questo, si deve osservare bene prima di comprare e evitare falsi. Lo stesso è con la volontà, va esaminata quella nostra e degli altri, prima di prendere un impegno e vedere dove questo porta.

Soprattutto dobbiamo essere attenti alla nostra. In tal modo saremo sempre sul percorso della rinascita e della esposizione al sole della vita e della conoscenza. Se il cuore è pulito, la volontà cerca il positivo e si identifica nella Luce con il Cosmo intero. È un processo lento quello che la porta ad essere così, ma è sicuro che arriva alla meta, se la volontà è mantenuta in costanza. E questo è quasi inevitabile, perché la volontà alimenta e sostiene se stessa. Per ciò è fondamentale in ogni azione e pensiero. Si tratta di vedere come e quanto è sviluppata e in quale direzione.

Si fa un gran parlare di essere volenterosi o no, ma considerate che la volontà è essenziale in tutto e tutti ce l’hanno. Il punto è vedere come viene usata, con quale consapevolezza e considerazione e come viene sviluppata, in che direzione e con quali sistemi. Qui è il punto. Chi dona attenzione alla propria volontà e a come la usa ha la possibilità di affinarla e spinge se stesso a utilizzarla con maggior mira a ciò che desidera di più in fondo al cuore e che reputa di importanza prioritaria.

Così si riesce nell’impresa, perché la volontà osservata e appoggiata spinge chi la usa oltre i propri limiti e attira le forze benefiche, che la sostengono e centuplicano. Ogni passo verso la realizzazione della vita nel suo percorso luminoso viene supportato e amplificato, dato che la vita prevede il benessere di tutti e la felicità complessiva.

Non è previsto lo spreco di energie usate in positivo. Ogni piccolo movimento verso la meta complessiva è appoggiato con tutto il rispetto che è dato ai grandi spostamenti di forze che fanno gli Yogi. Ogni azione contenuta è degna di nota come le grandi opere che smuovono folle oceaniche, perché ciò che conta è l’intenzione pura che vive nella Luce e questa è la stessa per tutti coloro che vi attingono. In qualsiasi modo lo facciano e con qualsiasi frequenza, quando un uomo o una donna attingono alla luce, si bagnano di essa e con lei risplendono, qualunque atto abbiano fatto prima o facciano dopo.

Ciò vale per ogni essere vivente e per ogni manifestazione dell’esistenza. Questa è la grandezza della vita, niente giudizio e disponibilità e appoggio totali a chiunque, appena necessario e possibile. Noi dovremmo avere lo stesso comportamento.

Abbiamo un eccellente esempio nella natura. Appena questa percepisce un raggio di sole e una possibilità di esprimersi, esce fuori allo scoperto, con un fiore nella roccia o nell’asfalto, con un albero abbarbicato su uno strapiombo o con un germoglio nel deserto. La natura è vita, senza condanna e giudizio, risplende di sé e trova il rimedio alla umana follia, se le si dà il tempo, e comunque in un modo o in un altro porta a ristabilire l’equilibrio.   

La considerazione della vita è fondamentale in un essere umano per raggiungere il suo fine, che si è prefisso e assunto con la nascita in questa forma. Non è tanto importante pensare al proprio benessere quanto a quello della collettività, intesa come vita e non solo come razza umana. La felicità di questa è importante come quella di tutte le altre espressioni della vita. Il maggior rilievo dell’umanità di fronte agli animali è dato dalla possibilità che gli uomini hanno di evolvere ad un livello divino e quindi di poter essere di grande impulso alla Creazione. Ma se non segue questo cammino, l’uomo non ha niente di superiore agli animali e se lo segue non ne approfitta. 

Evoluzione e egoismo non vanno di pari passo, dove c’è l’una non sussiste l’altra. La vita parla sempre di collaborazione e altruismo, perpetua gli insegnamenti senza sfinimento e attua se stessa in modo perfetto per le circostanze e gli eventi. Il suo scopo è la perfezione e il nostro anche, dobbiamo solo ricordarlo.

PERDONO E DISTACCO

Il perdono è molto frainteso sulla Terra. Sembra essere necessario per la persona che si redime e non lo è, viene considerato indispensabile per chi lo dà e non è esattamente così. Capite, le cose viste da un altro punto di vista hanno un altro aspetto e appaiono completamente diverse. Perdono le loro pesantezze e necessità.

È utile il perdono, non fraintendetemi, ma non così oscuro e farraginoso o melenso come spesso viene presentato. È piuttosto distacco, comprensione, trasmutazione e completa armonia ritrovata, rispetto a un evento o a qualcuno che ci ha fatto del male o creato pesantezze.

Perdonare e poi essere nuovamente nella difficoltà comportamentale verso chi o che cosa ci crea difficoltà, nervosismo, dolore o peggio non è la soluzione per uscirne. Lascia un legame alterno, che non è distacco. Il perdono effettivo, reale è quello che ci fa sentire costantemente bene, anche se pensiamo ad un evento fastidioso o pesante che ci ha creato enormi difficoltà, o a una persona per noi malefica.

Si può fare, per quanto questo sembri difficile o persino impossibile, perdonare è fattibile e all’ordine del giorno, fino a che ci saranno esseri e eventi che lo richiederanno. L’importante è capire di che cosa si tratta e non pretendere attività da questo dissociate e non pertinenti. Non si tratta di dire “passami sopra e fammi tutto quello che vuoi, che sempre ti perdonerò”, né di dire “me lo merito”. No, non è questo.

È una forma di consapevolezza e di visione più ampia, per cui ci rendiamo conto che abbiamo concordato in buona parte quanto accaduto o che accade, prima di incarnarci nell’attuale vita e che, nella linea temporale, abbiamo vissuto per nostra scelta qualche cosa che ci ha portati all’evento che ci infastidisce o peggio. Ciò non significa che dobbiamo continuarlo a vivere, ma che dobbiamo prenderne atto come qualche cosa che in quella forma o in una simile doveva accadere, per poter essere superato. E proprio questo abbiamo da fare, comprendere e distaccarci da ciò che non ci riguarda più e che è ormai diventato obsoleto nella nostra vita. Questo è saggio, intelligente, futuristico e estremamente arcaico, fino all’origine della creazione.

La verità sempre quella è, ma il modo di applicarla o vederla cambia, fino a che non si riprende una certa dimestichezza con la nostra interiorità. Niente sensi di colpa, perciò, se non perdoniamo immediatamente chi ci fa del male, ma piuttosto chiediamoci che cosa ciò significhi. Guardiamo il significato della parola, donare per qualcuno, rinunciare alla vendetta, sia pur giusta o comprensibile da un punto di vista sociale.

Decidere di non vendicarsi comporta una distanza di veduta e di fatti, un distacco, un allontanamento dall’accaduto, non per bontà, a volte incomprensibile, rispetto al malfattore, ma per amore nei propri confronti, per rispetto di se stessi e per comprensione degli eventi a livello più ampio o intuitivo. In poche parole prendere il distacco da ciò che potremmo fare, e che sarebbe comprensibile, aiuta noi ad incamminarci in altre direzioni, a patto che siamo sinceri.

A volte ci sembra di perdonare e sul momento è anche così, ma in profondità non lo è. Oppure abbiamo semplicemente un’alternanza di sentimenti e comportamenti che ci impediscono il distacco reale, quello che ci porta subito fuori dalla sensazione di fastidio e disagio, che ci prende quando pensiamo a chi in qualche modo ha abusato o si è approfittato di noi. Tanto è più pesante e duraturo nel tempo ciò che abbiamo subito e tanto più necessitiamo di un buon lavoro su noi stessi per uscirne vittoriosi, con distacco e senza giudizio, perché questo ci lega a chi ci danneggia o danneggia gli altri.

Il difficile è qui, nel non giudicare, ma anche questo è fattibile con l’allenamento. Come tutto nella vita, è una questione di pratica, di costanza e di attenzione. Considerare sbagliato un atteggiamento, un modo di fare o un’azione è doveroso, quando questi ledono qualcuno o qualcosa e il fastidio che si prova nel constatare tali eventi è inevitabile in un essere umano che tale voglia essere. Questo non è giudizio, è prendere le distanze, non condividere, intervenire in sostegno del giusto e distanziarsi con il proprio modo di fare da ciò che non ci piace nel cuore.

Il giudizio invece implica un legame tra chi compie le azioni nocive, anche se solo tramite pensiero e chi le sottolinea, riportandovi sempre l’attenzione. Quando si giudica si pensa a ciò o a chi si giudica e questo, più lo si fa, più forma un’unione tra giudicato e giudicante. Ecco perché giudicare fa male a chi lo fa. Fa bene essere chiari, intervenire, agire, ma distaccarsi e lasciare andare chi ha fatto male come qualche cosa che non ci interessa e non ci riguarda più. In questo c’è la grandezza del rinunciare a chiedere il ritorno di ciò che abbiamo subito, come singoli e come membri di una società, famiglia o gruppo.

Il distacco consapevole è la forma vincente del nostro agire e pensare, è ciò che ci porta su lidi nuovi e vittoriosi, dove carnefici, aguzzini e persecutori, consapevoli o no, non potranno approdare, se non dopo una totale catarsi. In poche parole, scegliamo la nostra compagnia mentale e fisica sulla scia del nostro benessere attuale e futuro e non sul ricordo di ciò che è stato. Il pensiero crea e dove lo indirizziamo viviamo. Il perdono in questo senso aiuta chi lo attua e vive completamente.

A chi lo riceve, se si è pentito, è utile come alleggerimento dalla preoccupazione di generare ancora danno in chi ha colpito, ma non altro. La sua colpa rimane e il peso delle sue azioni pure. Dovrà scioglierle nel karma, vivendo situazioni simili o peggiori, e più ne prenderà atto e accetterà ciò che ha generato e prima ne potrà uscire. L’accettazione delle conseguenze di ciò che abbiamo fatto, anche inconsapevolmente, accelera il processo di comprensione a cui ognuno è chiamato e pone chi ha sbagliato nella condizione di apprendere più rapidamente.

La considerazione poi che tutti, nell’arco delle nostre numerosissime incarnazioni, abbiamo compiuto atti sbagliati anche non voluti, ci porta più velocemente a perdonare, cioè a staccarci dal giudizio come legame e a volgerci a nuovi atteggiamenti. Forse in una vita passata, sia pur lontana, abbiamo compiuto un’azione simile a quella da noi oggi subita, o forse ne siamo stati complici o silenti testimoni. O forse no, e l’abbiamo permessa per dare una possibilità di comprensione agli altri, ma questo accade molto di rado. Solitamente a farlo sono gli Avatar, intesi come incarnazioni consapevoli della divinità, gli Yogi, i Grandi e poche anime progredite nel cammino dell’altruismo.

Non è un evento usuale, per ora, e comunque sia, anche se non abbiamo guadagnato con le nostre azioni passate ciò che abbiamo subito o subiamo, rimane il fatto che l’abbiamo accettato, forse per comprendere qualche cosa di più sottile, o per verificarci meglio, o solo per condividere un progetto di evoluzione altrui, di famiglia, di gruppo più ampio, generale. E tale accettazione ci rende partecipi, pertanto ci spinge a fare il lavoro fino in fondo e a allontanarcene appena ne sentiamo la possibilità, esercitando il distacco totale, la comprensione, lo sguardo lontano e profondo, inclusivo del perdono.

PAURA E DISTACCO

Il distacco è una pietra miliare nella nostra evoluzione. È indispensabile e forse la conquista più difficile che l’essere umano possa raggiungere. Amare è il motore della vita, in tutto ciò che facciamo, ma amare con distacco è divino, trasporta l’uomo su altri Piani, su livelli dove non esiste la sofferenza.

Raggiungere questo stato è tanto impegnativo quanto difficile, perché noi stessi ci opponiamo con tutte le forze al suo compimento. La nostra paura ce lo impedisce, la paura del nuovo, di perdere il conosciuto, anche se ci fa soffrire, di intraprendere strade solitarie e rischiose, di percorrere cammini impervi e imprevedibili. Messa così si può capire che nessuno voglia arrivare al distacco, ma non è solo negatività il percorso che porta a guadagnarlo. In realtà c’è molto di più, perché c’è sempre un altro aspetto da considerare, oltre a quello obbiettivo materiale, che è un dato di fatto innegabile, ma legato al momento contingente e poco oltre. E che in genere porta al ripetersi di situazioni ed eventi, perché la paura con il suo attaccamento non permette evoluzioni.

Se usciamo per un attimo dal giogo della paura, come se non ci interessasse, siamo pronti, anche se solo per quel momento, a recepire un mondo di possibilità, in cui può condurci solo il distacco dalla paura e da tutte le sue concatenazioni. In quell’attimo siamo liberi, liberi di essere, di percepire, di ascoltare, di evolvere, di intraprendere nuovi percorsi e di fare al meglio ciò per cui siamo scesi su madre Terra. In poche parole, riprendiamo il contatto con noi stessi e niente è più appagante di questo, perché lì è la nostra integrità, la nostra totalità, che nulla ha da invidiare alla sfera totale dell’universo e alla sua complessità. Questo lo si può sapere solo provandolo.

Gli scritti che lo descrivono e gli esempi che lo mostrano sono fondamentali per spingerci a cercare tale condizione, per spronarci e farci vedere che è possibile vivere nel Sé e essere se stessi quasi sempre, ma solo l’esperienza ci rende partecipi della conoscenza che già tanti hanno e dell’evoluzione della razza umana nel suo insieme. Solo sperimentare è la chiave per l’apprendimento. Tutto sta vedere che cosa decidiamo di provare. E qui si ritorna alla paura.

Fare esperienze uguali agli altri che ci stanno intorno e che formano l’ambiente in cui viviamo è la cosa più facile e allettante, perché il cammino è spianato e niente di particolarmente devastante come novità ci può succedere. Certo nessuno ci può accusare di stranezze o atteggiamenti contrari alla massa e al comando del momento. Questo è rassicurante e tutti abbiamo bisogno di sentirci sicuri. Inoltre tutti noi aneliamo all’amore, alla considerazione, all’esprimerci in modo da essere capiti, condivisi e apprezzati. E anche questo avviene facilmente se siamo sulla stessa lunghezza d’onda già impostata, che si trasporta di padre in figlio, di governo in governo, di stato in stato e società in società in un modo quasi impercettibile e devastante, perché per essere accettati noi facciamo di tutto.

Ci dimentichiamo che siamo anime, che dobbiamo ascolto al divino che è in noi, che abbiamo la responsabilità di cambiare questo mondo e renderlo migliore di come l’abbiamo trovato. Potremmo dire che ci vendiamo l’anima per pochi spiccioli, per qualche sguardo di amore presunto tale, per una vicinanza apparente, per un sostenersi a vicenda con le stampelle, senza mai guardare oltre le apparenze. Può l’essere umano, creato a somiglianza di Dio, uguale a Dio, essere soddisfatto e contento di questo?

Arriverà sempre, per tutti, il momento in cui qualche cosa non va talmente in profondità che dovremo fermarci e trovare quell’istante di pace interiore che ci porta in contatto con noi stessi e che ci fa sentire l’universo al nostro interno e noi in lui. Non c’è possibilità di fuga da ciò, perché siamo strutturati per arrivare a questo, per essere questo, perché la nostra conformazione riguarda il fisico evidente e il sottile ancora molto disatteso, ma estremamente vasto e potente. Non si può uscire dalla propria natura, si può solo evolvere. L’unica libertà di scelta che abbiamo al proposito è quando cominciare a guardare con altri occhi il solito mondo dentro e fuori di noi. Non c’è un momento migliore o peggiore, ma solo un passaggio che noi decidiamo di fare in quel momento specifico in cui siamo nella linea temporale.

E quell’attimo ne segnerà altri e altri ancora, fino ad arrivare ad uno di non ritorno nel vecchio schema di paura, attaccamento al conosciuto, avidità di volerlo continuare all’infinito, come se fosse l’unica possibilità che abbiamo. Non è così. Siamo grandi, diventati piccoli per le nostre paure, conseguenti alle scelte di ego prioritario rispetto all’amore e quindi discordanti con le leggi divine. Il nostro libero arbitrio ci ha portati a questo e il libero arbitrio, la capacità di discernere e decidere, ci riporta indietro alle origini, a casa.

Non vi è spinta che serva per questo movimento se non c’è la volontà di chi decide, non vi è suggerimento o esempio che possa aiutare chi non vuole vedere e ascoltare, ma certo tutto ciò che muove verso l’Alto e il Definito aiuta a considerare prima o poi chi siamo, da dove veniamo e dove siamo diretti. Solo non conosciamo il tempo che ciascuno di noi può impiegare per tale percorso di ritorno a casa. ‘Conosci te stesso’ c’è scritto sull’oracolo di Delfi.

Conosci il tuo percorso, la tua essenza e conoscerai il mondo. Ma come puoi, se dal mondo non ti distacchi? Dal mondo apparente del giogo che avviluppa tutti e che da uno all’altro si diffonde come un batterio che devasta silenziosamente la capacità di apprendere e verificare, fino a che non si incontra un altro batterio che ha in sé l’antidoto e che riporta un po’ di luce e calma nelle nostre teste e nel cuore. Però dobbiamo riconoscerlo o almeno percepirlo, fino ad arrivare a voler sperimentare quel nuovo modo e tentare il distacco dal vecchio obsoleto, che si è frapposto a ciò che è da sempre. Così potremo iniziare il viaggio verso casa.

Quanto durerà ancora una volta dipende da noi e dall’uso che facciamo del libero arbitrio. È una questione di tempo intraprendere il cammino diverso e proseguirlo con estrema determinazione, anche perché, una volta intrapreso, oramai tutto ci fa soffrire, o alternare avanti e indietro o fermare a lungo e poi ripartire. Ci sono infinite combinazioni di possibilità in questo, tante quante sono le vite umane sulla Terra. Ma è certo che al cammino di conoscenza e ritorno a casa dobbiamo arrivare. La storia dei grandi e dell’Universo lo dimostra, che lì dobbiamo procedere e tutti arriveremo a quel punto di contatto con noi stessi, il nostro Sé e la Creazione intera. Perché aspettare ancora e non dare adesso la possibilità a questo pianeta di evolvere con noi?

Più persone lo fanno e più ci avviciniamo alla massa critica umana necessaria per smuovere talmente tante energie da trascinare nell’evoluzione anche i più retrivi e certo da cambiare giochi e meccanismi di comportamento e controllo, perché al karma dei singoli si antepone quello globale, che amplifica le energie in un modo o in un altro. Potrebbe non essere più la paura a comandare, ma la libertà di essere divini.

GIOIA E NATURA

Passare in un prato è gioia, vedere le stelle e ascoltare il vento lo è. Non c’è indicazione migliore per provare gioia di stare in mezzo alla natura, essere immersi in lei, percepirla, ascoltarle. Se passate accanto a una persona e non la vedete o non sentite il suo sentire, quello che ha da dirvi, è come se lei per voi non fosse mai esistita. E questo è tragico, vuol dire che andate oltre una vostra parte senza considerarla. Ma se guardate in profondità, anche un istante, con gli occhi dell’anima, per voi quella persona esisterà sempre e un legame di aiuto reciproco potrà essere instaurato.

Non temete di essere contagiati, dipende da come lo fate, da come vi ponete. Potete vedere realtà oscene come campi dorati, ma voi siete sempre voi, neutri nel pensiero, o meglio intoccabili testimoni di ciò che è, che sanno vedere al di là delle apparenze, nel concetto stesso di divinità che tutti ci comprende. Se questo è per le persone, e lo è, immaginate quanto più sia così nei confronti della natura. Non c’è malizia in lei.

Per quanto sia stata contaminata dai nostri pensieri e dalla pesantezza delle nostre azioni e volontà, la natura racchiude l’origine della vita e la sostanza per cui siamo stati creati e continuamente lo siamo.

Contiene lo scrigno della purezza e della disponibilità, della fratellanza e dell’aspetto gioioso di tutto ciò che ci circonda. Non guardate le svolte nefaste della natura, la morte e le malattie, che anche gli animali hanno, guardate la sua essenza, la base della vita che la sostiene e che dirige tutti noi. Guardate quello che è il marcatore più puro della sostanza e che è la luce fatta essenza nella sua origine.

Osservate oltre lo sguardo fisico, percepite la fluidità della vita che è insita in ogni foglia, albero e filo d’erba. La vita che viene soffiata e insufflata nel piccolo come nel grande, nella montagna come nel ruscello e in tutto quello che la natura contiene, incluso l’uomo. Considerate la vita con distacco, non con apprensione o fretta. Mettetevi nei panni della vita stessa. Se voi foste lei, che cosa fareste? Come vi comportereste nei confronti di ciò che è e che ancora deve essere, sareste buoni, come usereste la sua energia? Tutto questo e altro ancore vi dovreste chiedere sentendo la natura intorno e dentro di voi, perché voi siete la natura. Riprendete il contatto con lei, il suo fluire in accordo con i tempi che ancora ci sono e con lo sguardo di Dio che vi guarda attraverso lei.

Sentitela viva, come è, e non le potrete più fare del male. Comprendete che lo sguardo profondo che vi unisce a lei è lo stesso che vi porta a Dio, che vi accomuna a lui. La natura è il tramite migliore e più diretto che abbiate per collegarvi con il divino e con voi stessi, con la vostra essenza più sottile che in lei si rispecchia nelle sue possibilità.

La gioia è un tutt’uno con la natura, è la sua stessa essenza. Ma noi l’abbiamo deturpata il più delle volte e ci siamo così scordati della sua meravigliosa potenza curativa. Nella natura è incluso tutto, il bene e il male, perché noi umani le abbiamo dato questa possibilità. In origine era solo luce condensata, che rispecchiava le sue possibilità e la sua grandezza. Guardiamola così nuovamente e lasciamola esprimere come vuole e può al pieno delle sue energie. Diventiamo consapevoli che siamo tramiti tra Dio e la natura e che la natura lo è tra Dio e noi.

Dobbiamo interagire e costituire il sodalizio e l’insieme che era previsto perché la Terra fosse un paradiso realizzato nella materia. Ma per far questo serve la fede e la massa critica degli abitanti del pianeta necessaria per il cambiamento. Ognuno pronto deve fare la propria parte, spingendosi sempre più in là nel considerare ciò che può essere. Mai fermarsi, pensando ‘ora sono perfetto’ o ‘non devo fare altro’. C’è sempre qualche cosa di meglio che possiamo attivare in noi come consapevolezza e che nella materia è realizzabile. I tempi sono accelerati e ci aiutano nel distacco da ciò che non ci compete più e nell’attuazione delle nostre possibilità.

La gioia è lì, risiede nella consapevolezza della nostra unicità con l’insieme, con il tutto che ci comprende e compenetra, con noi stessi e la natura, che vive in noi e tramite noi. Una natura benevola e amabile, che non ha contrasti se noi non li abbiamo. Riprendiamo la nostra forza e la capacità creativa che ci appartiene.

Siamo grandi, potenti e mai soli. Questo è ciò che sappiamo nel profondo del cuore e che la natura sempre ci mostra, se solo cominciamo ad ascoltare con l’anima che siamo in questa incarnazione. Ma dobbiamo considerare la natura per quello che è, viva, attiva, senziente e bisognosa di amore come ogni altra creatura. Non siamo mai soli e la natura lo sa. Vuole evolvere, come ognuno di noi e sta chiedendo aiuto per poterlo fare. Voi ascolterete?

La gioia risiede proprio qui, nell’ascolto dal profondo, nel dare ciò che si può, in realtà a noi stessi, perché la natura e i suoi abitanti siamo noi, con tutti gli altri, in un insieme che ci accomuna e dal quale non si può

prescindere. È vedere lo sguardo della natura più amabile e bello, anche se sta mostrando il suo lato duro, che noi l’abbiamo costretta a manifestare. La gioia è saper vedere e percepire oltre le apparenze, nella certezza del proprio sentire. Richiede lavoro e attenzione, ma la natura aiuta in questo enormemente.

I TRE PASSI DEL CORAGGIO

Il coraggio di essere se stessi è il massimo livello che si può raggiungere in vita nell’audacia umana, quella che spinge al divino. Non vi sto parlando della delicatezza qui, ma della possibilità di essere qualcuno di ben definito, di chiaro, di evidente. E in questo c’è spesso arroganza, visto da un punto di vista di società, di epoche, di abitudini, ma non è così. L’arroganza è dovuta dal sentirsi superiori, dal mettere sempre se stessi al primo posto in un campo umano, allontana dal divino e dal Sé. Il coraggio di vivere il proprio sè o almeno cercare se stessi è l’esatto opposto, prevede umiltà e gioia di vivere in abbondanza.

Non stiamo parlando di eventualità remote, che le persone possono avere solo quando stanno per realizzarsi, ma di atteggiamenti di animo che portano a una conoscenza e una disponibilità maggiori a livello sottile. Il coraggio supremo per un essere umano è dare tutto se stesso a Sé, nel riconoscimento che niente altro esiste, perché siamo tutti Uno e riprendendo la propria integrità si arriva presto alla meta finale, che non allontana più dal percorso. Fino a che non si è oltre il traguardo del non ritorno, c’è sempre la possibilità della ricaduta indietro, della scivolata col tonfo, o dell’alternanza di chiaro-scuro, o bene-male che dir si voglia. Non è previsto un ritorno indietro definitivo, perché il Cosmo va avanti e non consente che vi sia il blocco alla sua evoluzione, ma certo i tempi si possono allungare molto, soprattutto per i singoli individui.

Quindi il coraggio di guardarsi, di analizzarsi in qualsiasi momento è indispensabile per una crescita vera, individuale e generale. È il primo passo nella via del coraggio ed è un tipo di coraggio che porta a riconoscersi e accettarsi per quello che si è prima e per rivedersi nella luce divina poi. Cioè per scoprirsi magnifico-magnifica, al di là delle apparenze e del materiale. Questo è il secondo passaggio per essere in linea con sé e con l’evoluzione cosmica, che in realtà è già arrivata dove è sempre stata.

Il terzo passo del coraggio è risplendere della luce propria, essere come si è veramente e prendere da sé per dare agli altri in autonomia, non perché forzati o complessati, o soli e con mille problemi. Non sono più la rabbia, il pensiero positivo nascosto da negativo, o la inconcludezza del fare senza sapere perché e senza avere uno scopo ben definito nella vita che comandano i nostri passi, ma solo l’amore che porta al distacco totale e alla completa visione del Sé. Sentirete spesso parlare del Sé nel prossimo futuro, perché è la vera arma di ognuno di noi e la vera essenza che ci mette in contatto con tutti gli altri e l’Universo intero.

Quando si è stanchi di sé come si è normalmente e ci si sente tristi, grigi, insoddisfatti, è arrivato il momento di riprendere la propria vita in mano e di riattivare il percorso che avevamo scelto e che poi abbiamo abbandonato, tutto o in parte. È questo abbandono che ci fa stare male, ma è anche la difficoltà di riprenderci completamente che ci fa soffrire. Il distacco dal percorso e la difficoltà del riavvicinamento ci creano entrambi disagio e sofferenza. La soluzione è il coraggio.

Coraggio di vivere il proprio amore, senza aspettarsi niente dall’altro che abbiamo accanto o che è di passaggio, coraggio di affrontare i valori umani per quello che sono e di vivere i propri pensieri di altruismo, senza doverli mascherare di necessità o inevitabilità. A volte siamo molto migliori di come pensiamo, ma non abbiamo il coraggio di ammetterlo, perché questo ci porterebbe poi altre responsabilità. È un coraggio questo, o meglio un modo di vivere il coraggio diretto all’essenza. Non vi è difficoltà di attuazione per chi vuole vedere ciò che è e arrivare a considerare se stesso per quello che è, manifestazione della luce che a sé torna e che equivale gli altri tutti, quando manifestano se stessi.

I tre passi suggeriti sono quelli fondamentali per raggiungere la libertà di visione e la determinazione indispensabili per risvegliarsi al Sé e ognuno di noi deve arrivare ad affrontarli, insieme alle scoperte che farà con loro e con le qualità umane che sempre più svilupperà. Non sono difficili, né facili da raggiungere e mettere in pratica, ma indispensabili, necessari al risveglio dell’anima sopita. Il coraggio è un aspetto degli esseri umani e di coloro che gli appoggiano, angeli e tante altre conformazioni divine. Ma solo l’uomo può raggiungerlo e conquistarlo per libero arbitrio. E si torna sempre lì, sviluppare una caratteristica è vostra decisione oppure no.

Ogni visione di giusto e ingiusto, pauroso o coraggioso vi spetta di diritto, perché così avete deciso di nascere, con la capacità decisionale insita nella scelta. Scelta limitata si è visto, per karma singolo e generico, ma pur sempre scelta. E in questa rientra l’uso del coraggio. Può essere quello semplice e immediato dell’attività fisica, utile e necessario nel quotidiano, e quello della complessa visione di orizzonte, che pochi hanno al momento e che deve portare tutti a considerare lo scopo per cui siamo nati sulla Terra.

Quest’ultimo non è di per sé migliore o peggiore del primo, ma certo ugualmente indispensabile per una vita degna e completa e soprattutto unico a portarci ai piani superiori, dove ogni essere umano è destinato a vivere in consapevolezza, per poi aiutare altri che, come lui prima, faranno lo stesso percorso e non è detto che questi siano adesso in forma umana. Mi riferisco agli animali, fratelli minori di noi umani, non come importanza ma come momento di sviluppo, un po’ come i bambini rispetto agli adulti. Riguardo agli animali sempre abbiamo il dovere di aiutarli a crescere, ma quando siamo arrivati a conoscerci e verificarci, possiamo fare molto di più.

Il nostro raggio di azione si amplifica e si sposta a un livello vibrazionale molto più elevato e in tal modo può toccare e includere nel suo spettro di luce molti più esseri a diversi piani di esistenza e sviluppo. In poche parole, evolvere singolarmente fa bene a tutti, non solo all’interessato, perché l’allargamento del raggio di azione è sempre maggiore, ogni volta che si ascende un po’. E per fare questo ci vuole coraggio di andare contro corrente, di fare da sparti acque e, ancor più, di considerare che quello che facciamo non solo non verrà capito, ma che potrà essere tacciato per egoista, dannoso, o peggio.

Tenete a mente che gli opposti si assimilano all’apparenza e che niente può delimitarli, se non il buon senso e la Verità. Muovetevi in questa linea e trovate il coraggio di agire per l’umanità, a partire da voi. Il resto verrà spontaneamente.

CHI SCIOGLIE IL KARMA DI FAMIGLIA

Quello che sembra difficile per uno è possibile per un altro, in quanto tutti abbiamo la stessa possibilità, ma non gli stessi tempi. I tempi sono molto importanti finché siamo nella terza dimensione e viviamo in un concetto di tempo lineare. E anche dopo, o meglio fuori dal tempo lineare, hanno il loro rilievo fondamentale, ma con connotazioni diverse e sviluppi differenti.

La nostra diversità di azione riguardo alla tempistica e alla temerarietà di intraprendenza in qualche cosa che è innovativo, ci rende più o meno disponibili ad agire per gli altri in determinate situazioni e a fornire il nostro supporto per il cambiamento di un insieme di persone. In ogni gruppo c’è qualcuno che si offre per la spinta in avanti del gruppo stesso, sia a livello consapevole che inconsapevole, quando si è su madre Terra. Tale atteggiamento può sembrare scorretto o ingiusto riguardo a chi assume il compito, ma ad uno sguardo più approfondito appare utile e comprensibile anche per chi se ne fa carico.

Ogni epoca ha bisogno di illuminazione e così ogni gruppo, ma si sa che la luce deve essere dosata per chi non la vede da tanto, per evitare che abbagli e che non sortisca l’effetto voluto. La luce è conoscenza e la conoscenza non si può dare tutta insieme, ma al contrario deve essere assimilata con i passaggi necessari per ciascuno di noi. E qui si ritorna al tempo e alla sua utilità nel mondo di terza dimensione, dove ancora prioritariamente viviamo. Le epoche sono fatte dai gruppi, che orchestrano l’insieme, e dai singoli che spingono, rompono gli schemi, hanno visioni diverse. Questi ultimi solitamente sono coloro che prendono l’iniziativa di voler infrangere pesi passati e presenti di gruppi familiari e di voler proporre una nuova possibilità ai propri cari, che amano molto.

L’amore in questa scelta è fondamentale, come lo spirito di sacrificio ad esso legato, perché sovente, se non sempre finora, tali persone sono state e sono ignorate e vilipese per molto tempo, in una o più vite. Ciò deve fare riflettere, perché un dono dovrebbe essere apprezzato nella normalità delle cose, ma nell’usualità dei fatti non è così, tutt’altro. Questo nell’Aldilà lo sappiamo e chi vuole aiutare a cambiare il karma di una famiglia o gruppo lo sa nel suo profondo e lo accetta, per quanto da un punto di vista umano possa soffrirne intensamente. Non c’è cattiveria in questo, ma c’è accettazione totale da parte di chi comanda il gioco di un gruppo. Ricordate che i grandi si fanno piccoli per insegnare e che chi trascina e spinge innanzi tutto serve.

Il concetto di servizio è strettamente collegato all’amore e al sacrificio. Solo che quest’ultimo, in una visione non solo terrena, non ha connotazioni pesanti, ma lievi come la sua parola indica, sacrum facere, fare il sacro. È una scelta che porta a visioni e responsabilità più ampie, accettate e condivise con altri a livello superiore, che fanno lo stesso percorso, uguale o più contenuto nell’espressione e nel coinvolgimento.

Nel passar del tempo il karma di una famiglia si accumula, come le tossine di un solo organismo, che nascono in particolar modo da una o più delle sue parti, ma poi si diffondono a raggiera fino ad inquinare il tutto. E quindi per liberarcene bisogna ripulire l’insieme, altrimenti nessuna sua componente starà veramente bene, neanche la più sana. In quest’ottica siamo disposti ad agire per gli altri e a prendere l’incarico di sciogliere un karma familiare a livello sottile, e così la scelta è prioritaria per tutti, per chi la sviluppa e per chi ne beneficia ancor prima di diventarne consapevole.

Inoltre, stare bene e proseguire il proprio percorso di crescita, senza dare una mano a chi annaspa ancora in situazioni vecchie, non ripaga chi è sa che siamo tutti parte di un tutto, né chi ama coloro che ha accanto. La famiglia è importante per questo, insegna a considerare l’altro come se stesso e a donare, indipendentemente dall’utilità pratica per noi. Di solito chi ama di più o prima impara a farlo è colui che ha la possibilità di condurre una famiglia. Guardate le madri, sono loro in genere che costituiscono il fulcro di una famiglia e che sono pronte a sacrificarsi per gli altri componenti. Sono anche quelle che suggeriscono i rimedi in molte situazioni e che gioiscono dei successi degli altri.

Allargato, questo stesso atteggiamento aiuta a capire che cosa fa chi infrange una situazione consolidata nel tempo e incancrenita nelle sue sfaccettature. Quando un gruppo familiare nel corso degli anni e secoli si presenta appesantito enormemente dai pesi dei singoli sia separatamente che nell’insieme, necessita l’intervento di qualcuno che se ne faccia carico e spezzi, con le proprie ricerche e energie, l’insieme che si è creato. Non sono santi o yogi coloro che lo fanno, non necessariamente, ma sono anime in cerca di una grande realizzazione, che vogliono verificarsi e dare una possibilità agli altri, in un’ottica generale d’insieme.

Sono persone che sanno fermamente, dentro di loro, che siamo parte di un tutto e che il male degli altri ci appartiene e la loro sofferenza è la nostra.

Questo cambia la visuale terrena e rispecchia quella divina. E in tale visione è utile anche per chi fa una simile scelta aiutare, nonostante le sofferenze che ciò possa portargli sul piano fisico e terreno. Capite che un grande comportamento non è mai scevro da conseguenze, neanche per chi lo attua. Ma è accettato e nell’accettazione c’è la grandezza. Così si svolge il mondo, per ora, e così contattiamo gli altri e noi stessi in fondo al cuore, dove è l’origine del nostro fare, scegliere e desiderare più profondo che possiamo avere, dove è l’origine della vita, in fin dei conti.

Chi aiuta lo sa, sia che si tratti di un gruppo familiare o no, perché sempre si tratta di famiglie di anime, che hanno aspetti, scelte, mancanze, passato e futuro in comune o simili. E qui arriviamo ad un altro aspetto dell’intervento per sciogliere il karma familiare. Il suo effetto non si limita alle persone presenti nella famiglia al momento, ma tocca tutto il gruppo familiare nel suo insieme, per il futuro e anche per il passato.

Nel futuro perché un impulso differente immette nell’insieme familiare una possibilità che prima non c’era a livello energetico, alla quale i nuovi discendenti si potranno attaccare, anche se gli attuali membri insistono a non volerla considerare. Questo perché una innovazione immessa in una famiglia diventa una possibilità ereditata da tutti, anche per chi non è a conoscenza del fatto in modo consapevole.

Nel passato, perché il tempo lineare esiste solo nella terza dimensione e quando si agisce a livelli differenti, più sottili, dove si muovono le innovazioni e tutte le azioni dettate dal cuore, il nostro operato è in uno spazio atemporale che tocca anche gli antenati. Chi ha lasciato il corpo non potrà beneficiarne fisicamente sul momento, ma ne sarà coinvolto a livello energetico nell’Aldilà e potrà averne benefici immediati e successivi nell’incarnazione futura. Considerate che nell’Aldilà è mantenuto un filo conduttore con la famiglia e la discendenza e spesso chi ha lasciato il corpo si interessa dei propri familiari sulla Terra ed è toccato dal loro comportamento.

Gli scambi esistono e ciò che fa bene a noi, a un livello più sottile, fa bene a chi con noi ha o ha avuto rapporti, anche indiretti, tanto più se si tratta di legami familiari, in quanto particolarmente forti.

Chi prende su di sé l’intervento di rottura di un karma familiare, sia esso specifico per una questione o riguardante tutto l’insieme, ha il dono e la possibilità di infrangere definitivamente un meccanismo malsano e non più in linea con le prospettive future. Per questo avrà bisogno di un grande aiuto, perché le energie con le quali entrerà in conflitto saranno molto salde e radicate. Così chi viene ad infrangere il karma familiare sarà molto aiutato sulla Terra e ben preparato nell’Aldilà, prima di scendere. Sarà anche ben testata la sua capacità e la fermezza nella decisione, perché a volte succede che qualcuno lasci il compito strada facendo, dato il suo notevole carico, come peso e continuità nel tempo. Non si tratta infatti mai di eventi rapidi, né apprezzati dai familiari.

L’incarico però, per quanto possa essere lungo, anche di vita in vita, ha una conclusione, che si realizza con il successo dell’opera o con il suo abbandono, perché è diventato ancora più oneroso del previsto e nuove circostanze spingono in altra direzione o perché, più di rado, non è più necessario. L’eventualità migliore o più agognata da chi interpreta il ruolo di frangi karma è che i membri della famiglia accettino la nuova impostazione, dato che in tal modo lo scioglimento del vecchio karma è più semplice e i suoi effetti più evidenti. Una seconda agognata soluzione è che i membri della famiglia si rendano conto del nuovo positivo, se non in vita, poco prima di lasciare il corpo o almeno subito dopo.

Nell’Aldilà è più facile avere la cognizione di corretto e no ai fini di uno sviluppo collettivo, ma chi lascia il corpo porta i propri schemi mentali, almeno in parte, e se non si è allenato un po’ prima di lasciare il corpo, è molto difficile che possa abbandonarli dopo, a meno che non sia estremamente aiutato nell’Aldilà e l’intervento di chi infrange il karma vada oltre la demarcazione vita morte, come solitamente è, e continui con perseveranza ad agire. Il che significa esserci con determinazione e consapevolezza, con amore e fede,  nei momenti più bui e nonostante tutto.

È un rischio, perché non si può avere la certezza dei risultati, in quanto tutto può cambiare in qualsiasi istante. Per questo i modificatori di karma sono molto addestrati e sempre supportati.

È un compito impegnativo, che può spezzare pesanti catene familiari molto antiche, che portano i membri della famiglia a reincarnarsi spesso nello stesso nucleo e ad appesantire ancor più i loro meccanismi, fino a che non ne avvenga la rottura. Tanto più le impostazioni di famiglia sono radicate e tanto più numerosi sono i componenti che le sostengono e tanto più tempo e attenzione richiederà il lavoro da svolgere per infrangerle e poter sciogliere il karma di famiglia o preparare il terreno perché questo avvenga. Ma un buon lavoro da sempre risultati, anche se non subito visibili in un tempo lineare.

VOLONTA’ E INTENZIONE

La volontà è l’aspetto più importante dell’essere umano. Gesù diceva ‘pace agli uomini di buona volontà’ e così è. La volontà l’abbiamo tutti, perché anche solo per respirare serve, per mangiare e per ogni funzione basilare. Quello che non consideriamo è che è che non è la sua mancanza che ci difetta, bensì il suo corretto utilizzo.

Abbiamo il libero arbitrio che ci mette nella condizione di supportare il nostro operato con l’intenzione e questa determina la volontà. Ognuno di noi ha un’intenzione prima di agire, che se ne renda conto oppure no. L’intenzione è quella che ci determina come colori, vibrazioni, armonie. È quella che ci mette in risonanza con un aspetto del Creato o con un altro e con un nostro modo di vedere che lo rispecchia.

Siamo noi a decidere, a dare l’input a ciò che facciamo e a indirizzarlo nel senso che vogliamo e questo è dato dalla nostra intenzione. Un’intenzione malefica non porterà dei buoni frutti, così come una positiva potrà solo portare bene, per noi e gli altri. Bisogna considerare però che il karma non ha i nostri tempi, ma è in linea con le vie maestre che portano a supportare ogni essere al meglio per lui e tutti. Ciò significa che agendo dobbiamo impostare il nostro cuore al sorriso di Dio, senza attendere niente, perché i riscontri arriveranno, ma noi non sappiamo quando e neanche come.

Quello che aspettiamo potrebbe essere troppo poco per noi. A volte il Creato ci meraviglia con grandi risultati per pochi sforzi, ma noi non ricordiamo quelli fatti precedentemente, che si sommano agli ultimi. L’universo non dimentica, memorizza nell’Akasha e poi restituisce con precisione  e determinazione, perché la memoria cosmica non ha incertezze. Così noi attendiamo qualche cosa che non arriva e poi ci viene dato molto di più di quello che volevamo, anche se sul momento non sappiamo riconoscerlo.

In tutto questo, nel movimento in avanti del mondo e della sua risoluzione in altro, è fondamentale la nostra volontà, che brilla della luce che le diamo con l’intenzione. La volontà è poi indispensabile per mettere in pratica ciò che è il nostro movimento interiore, unita alla costanza che ci fa agire nel tempo. L’intenzione è la spinta iniziale essenziale, che dovremmo meglio considerare. Diventare consapevoli, anche qui è la parola chiave. La consapevolezza di ciò che facciamo, dei nostri pensieri e dei movimenti del nostro cuore, uniti o no alla mente, ci fa crescere nella nostra umanità e ci consegna al livello superiore dell’umano-divino.

La volontà è spesso usata con determinazione in atteggiamenti sbagliati per la razza umana, ma questo non comporta meriti, in quanto l’intenzione è scorretta. Esiste una legge che illumina il cammino a coloro che vogliono la ricerca del bene collettivo e, come dicevamo prima, questo può essere in apparenza duro e ostile. Utilizzare qui la volontà con perseveranza è indice di quanto siamo radicati nella nostra intenzione iniziale e quanto questa risplenda di luce propria, collegata a Dio.

Le intenzioni in linea con l’ego dei singoli o gruppi fanno danni per l’umanità e non solo. E questo più o meno a seconda della loro intensità e della protervia che vi viene aggiunta. La volontà usata per sostenerle è utile solo a chi la esercita, in quanto allenamento per il futuro, da usare in positivo. Ma non c’è altro, non c’è merito di costruzione divina e collaborazione con le Alte Sfere, perché manca l’intenzione luminosa.

Così è il meccanismo umano sulla Terra, una ricerca di attività che risplendano della luce originale del nostro percorso, per ritornare a casa, dove sempre siamo, in totale consapevolezza, fuori dal tempo lineare che ingloba e blocca l’immediata esecuzione delle nostre intenzioni. In altri pianeti, ad altri livelli, la creazione è istantanea. Noi dobbiamo esercitarci per arrivare lì e ciò è fattibile solo con in linea con l’armonia cosmica, altrimenti il karma e le forze divine interverranno per impedire ciò che non deve essere, o meglio per trasformare in luce ciò che appare oscuro. Questo nel rispetto del libero arbitrio, collegato con la volontà e con l’intenzione che le diamo e ci contraddistingue.

REINCARNAZIONE, KARMA E NODI KARMICI

Il karma e la reincarnazione, sono fondamentali per la nostra evoluzione umana e prenderne conoscenza è importante per poter essere più liberi e consapevoli. Per chi avesse ancora dei dubbi sull’esistenza della reincarnazione, suggerisco solo di considerare la totale differenza di possibilità tra una persona che muore giovanissima e una che muore in età molto avanzata. È chiaro che le due non possono avere le stesse opportunità di tempo, senza considerare altro, per poter fare qualche cosa, di qualunque natura essa sia. Questa sarebbe una profonda inspiegabile ingiustizia, se vi fosse una sola esistenza. Ma vista da un punto di vista di tante incarnazioni ha una logica, perché ciascuno segue il proprio percorso di vita in vita, per sperimentare ciò che gli è utile per evolvere. E in questo non vi è ingiustizia.

Inoltre capita a tutti di avere alcune sensazioni vedendo un posto o una persona, di sentirsi a proprio agio con qualcuno o di avere disagi in presenza di altri. Sicuramente questo può essere dato da uguali o contrastanti vibrazioni, ma non solo. Con alcuni a volte sembra che ci siamo conosciuti da sempre e invece è la prima volta che ci incontriamo, oppure sentiamo una grande affinità di anima. Anche questo trova spiegazione solo con vecchie conoscenze di altre esistenze.

Infine, alcuni spontaneamente ricordano altre esistenze o fatti avvenuti in luoghi dove vanno per la prima volta e anche questo si può spiegare solo con la reincarnazione, perché i dettagli di ciò che si prova e vede sono talmente nitidi e forti da non avere altra motivazione.

Tutti i Grandi hanno parlato della reincarnazione e del karma ad essa legato. Anche Gesù ne parlava, come risulta dai testi non ufficiali della Chiesa, come per esempio i ‘Vangeli Esseni della Pace’. Sai Baba dice che essere vegetariani e credere nella reincarnazione sono i due aspetti fondamentali per la spiritualità. I due indispensabili per il cuore e la mente, direi. Altrimenti partiamo da basi infondate e siamo destinati a continuare a vagare nella falsità delle apparenze che ci vengono raccontate. Meglio rischiare di sbagliare in prima persona, piuttosto che sbagliare conto terzi, facendo scelte altrui, senza neanche porsi domande.

La parola sanscrita Karma significa azione, intesa come azione di pensiero, parola e agire fisico, come tutto ciò che abbiamo fatto, facciamo e faremo e come ciò che ci arriva in ritorno delle nostre azioni.

Ogni azione che compiamo viene registrata nell’Akasha, la memoria divina che tutto pervade e che si espande nell’etere in cui siamo immersi. Quando ricordiamo attingiamo lì, che lo si sappia o no. Ogni nostro comportamento mette subito in moto una reazione e una risonanza a questo legate e affini, che tornano a chi ha fatto l’azione. Il tempo impiegato perché questo avvenga varia, a seconda di molti fattori concomitanti che riguardano noi, altre persone, situazioni e momenti. Ma una cosa è certa, il karma fatto ritorna al mittente come un boomerang, solitamente accentuato e sempre risonante l’azione da cui è partito.

Non è una punizione, che non è prevista nel Cosmo e non servirebbe, ma può essere visto come una spinta a modificare il proprio atteggiamento in senso più consono alle leggi divine, oppure un ritorno di ciò che si è fatto, come incentivo a proseguire. O semplicemente come una regola senza giudizio, che ripropone ciò che è stato fatto, perché è stato messo in moto quel meccanismo e il Cosmo è sempre pronto a supportarci in ciò che vogliamo e facciamo. Comunque sia, la legge è uguale per tutti e tutti passiamo attraverso varie interpretazioni di vita, anche molto contrastanti tra di loro, per poter apprendere.

Uno che è stato mendicante nella vita passata, in questa potrebbe essere ricco, perché deve sperimentare quella situazione per poter fare dei passi in avanti nella sua evoluzione, oppure viceversa. Poco importano in realtà le nostre condizioni sociali da un punto di vista evolutivo, ciò che importa è che cosa facciamo delle possibilità che abbiamo e come ci comportiamo. Cioè come usiamo il nostro libero arbitrio, che in genere si può muovere tra due fondamentali possibilità, strette nella condizione in cui viviamo e che ci siamo creati con decisioni passate di questa o altre vite, tutto in un concatenarsi di azione, reazione e risonanza, sempre registrate dall’Akasha.

Non serve andare ad indagare sul motivo di tutto, cosa che non potremmo neanche riuscire a fare, ma può essere utile considerare alcuni aspetti fondamentali e ricorrenti per noi e vederne i legami con altri passati, al fine di sciogliere vecchi nodi karmici pesanti.

I nodi karmici sono generati dal ripetersi di nostre modalità comportamentali, legate a situazioni simili o uguali a quelle già vissute in altri momenti. In genere più sono ingarbugliati e più hanno origini antiche e più sono persistenti. Accorgersi di starli vivendo non deve spaventare, ma al contrario può darci lo stimolo e la possibilità di uscirne, sciogliendo i legami che ancora ci tengono allacciati al ripetersi di situazioni pesanti e opprimenti.

Non è facile, perché generalmente non si sciolgono nodi karmici in poco tempo, ma la consapevolezza ci mette nella condizione di poterlo fare al meglio e in modo definitivo. A tal fine servono pazienza, che con i nodi karmici, specie se più insieme, è inevitabile imparare almeno in parte, e determinazione consapevole di farcela, perché niente ci è dato che non si possa affrontare. Naturalmente i momenti di sconforto prendono, perché questo fa parte della crescita, in quanto si capisce solo quando si prova qualche cosa.

Aiuta però sapere che se il nostro comportamento è corretto, quando si è in pieno attacco o ritorno karmico, siamo particolarmente aiutati dal Divino, da Angeli, Divinità e Grandi esseri che ci stanno accanto, anche se non ce ne accorgiamo. Tanto aiutati da poter essere liberati del ritorno più pesante che dovremmo avere di ciò che abbiamo fatto in passato. Ci sono molte storie di yogi e avatar, elevate incarnazioni di Dio, che hanno preso un peso destinato a un loro discepolo pronto per evolvere, ma che non avrebbe potuto farcela con gli eventi che stavano per arrivargli. Sai Baba dice che il karma è come una freccia, che una volta scoccata deve giungere a destinazione, ma Dio può mettere la mano e parare il colpo. E trasformare per esempio un cancro mortale in una semplice influenza, assimilando il resto su di sé e trasformandolo.

Ciò non vuol dire che così diventiamo passivi, ma al contrario che con il nostro modo di agire siamo entrati in sintonia con forze superiori, raggiungendo con loro un livello ed un accordo maggiori. Di queste trasformazioni ce ne sono molte più di quanto si possa pensare, solo che spesso non ne siamo consapevoli.

Nel Cosmo non esiste lo spreco e quando un’energia è pronta per essere trasformata, è naturale che altre forze in sintonia si attivino per aiutarne il cambiamento, perché l’elevazione di un singolo porta a quella di altri e dell’insieme. Considerando che siamo tutti uno, questo è estremamente logico e intelligente, perché l’evoluzione di uno fa bene a tutti.

La reincarnazione in genere comprende tantissime vite, che naturalmente non sono solo in forma umana, dato che lo spirito che ci anima si veste di tutte le forme che la vita conosce. Questo infatti dicono le antichissime scritture, i Veda, e tutti i Grandi che hanno illuminato il mondo. Noi indossiamo un vestito, come si può  vestire un abito per una parte in una recita e a fine recita lo lasciamo andare perché non ci serve più, per poi tornare a recitare un’altra parte che in quel momento ci si confà maggiormente.

Se impariamo a ricordare, nella nostra memoria akashika sono comprese infinite esistenze, tra le quali alcune ci sono particolarmente vicine in questo momento e ci potrebbero aiutare a capire reazioni e comportamenti che ancora ci pesano. Alcune di queste vite possono essere in forma animale e possono aiutarci a comprendere il dolore, le aspettative e i sentimenti di specie diverse dalla nostra, oltre a poterci far capire meglio il perché di alcuni nostri disagi e paure.

Poterle ricordare provandone alcune sensazioni è un dono, che ci aiuta a svolgere il velo che ci avviluppa e ci fa prendere l’apparenza per realtà. Entrare in sintonia con ricordi passati ci dà la possibilità di aprire un po’ il cuore e diventare più umili e saggi, perché ci aiuta a non giudicare, capendo che tanto siamo stati e tanto potremmo essere. In quest’ottica sentirsi superiori per questioni sociali o altro diventa senza senso, perché anche noi siamo stati o potremmo essere come altri sono ora. E persino rispetto agli animali possiamo capire meglio che il rapporto che dovremmo avere verso di loro è solo da fratello maggiore verso quello minore, perché le anime incarnate nei loro corpi stanno facendo un passaggio che noi abbiamo già fatto.

Siamo anime in viaggio per ora in un tempo lineare di terza dimensione, che ci appesantisce con il suo prima e dopo, facendoci pensare che esista solo questo livello e che non si possa rimediare al passato e che questo pesi sempre su di noi come un giogo o peggio. In realtà non è così, possiamo dare una diversa connotazione al passato agendo nel presente e se abbiamo la consapevolezza di ciò che vogliamo rivedere il lavoro diventa più fattibile.

In quest’epoca soprattutto possiamo fare molte modifiche al nostro comportamento e stile di vita per ritornare alla nostra essenza di esseri luminosi in tempi brevi, perché adesso tutto è accelerato. Se generiamo karma, questo ci torna indietro subito o quasi e ciò ci aiuta a liberarcene con maggiore rapidità, anche se come impatto del momento può essere più pesante.

Liberarsi dal karma significa sciogliere e superare i legami col passato, sia remoto che vicinissimo, e evitare di crearne di nuovi, cioè evitare di generare ancora karma. Ciò si fa solo con il distacco e l’abbandono delle aspettative sui risultati delle proprie azioni e questo porta a non doversi più incarnare sulla Terra nella terza dimensione.