I PASSI DELLA MEDITAZIONE

La comprensione degli aspetti della vita viene riflettendoci e meditando se un fatto, una questione o un evento sono giusti o no, se sono corretti per la vita che esiste tutto intorno a noi e per noi stessi. Meditare significa considerare in profondità e con sensibilità gli aspetti di qualche cosa o qualcuno. Questo porta a riflettere sull’essenza di ciò che è, della vita e del principio che unisce e governa.

Non è una pratica facile, perché siamo spesso fuorviati dalle considerazioni futili e immediate che ci legano alla quotidianità e ai nostri problemi strutturali e improvvisi. Eppure, è proprio la possibilità che abbiamo di vedere le questioni dell’esistenza in modo più distaccato, senza farcene toccare e poter arrivare così ad una decisione pratica che ci permetta di vivere meglio. Non è veloce il suo processo, non da fast food o usa e getta, ma porta all’abitudine di considerare l’utilità dei vari aspetti.

Questo è quanto più ci serve per essere attorniati dal positivo e dal creativo che ci può accompagnare. Non sto ancora parlando della meditazione intesa come pratica profonda e spirituale, ma di un inizio di attenzione alla praticità, aspetto altrettanto importante nella vita di tutti i giorni, che se ben sviluppato aiuta anche nella spiritualità. Noi siamo un tutt’uno di materia e spirito, fin che siamo sulla Terra, e con tale insieme abbiamo da imparare a convivere. Non è difficile, se seguiamo i dettami che la vita ci offre, manifestati nella Natura, che è la nostra prima maestra.

La comprensione della nostra esistenza è alla portata di tutti e il suo percorso può essere agevole e scorrevole, accettando le asperità che possiamo incontrare, come su qualsiasi cammino, fintanto che non viene completamente pulito. La nostra vita è una continua azione di pulizia, che deve essere programmata nei dettagli, considerando i benefici e i danni che ci può portare. Nella sua previsione serve la riflessione sui nostri atteggiamenti, che ci conduce ad avere uno sguardo più interiore di quello solo sulla pratica e che a questo è strettamente collegato.

Come si può comprendere se un agire o una cosa o situazione ci sono benefici o no, se non consideriamo il nostro comportamento verso di loro e le motivazioni che ci sono dietro? Il beneficio di qualche cosa può portare a positività maggiori, oppure no, e così viceversa. Ma ciò è sempre collegato al nostro sentire, alle nostre aspirazioni e al sottovalutare che spesso facciamo delle implicazioni che i nostri atteggiamenti comportano.

Partendo da questioni pratiche, ci si abitua all’osservazione e questo è il primo passo. Da qui all’attenzione di come facciamo le cose e di come ci arrivano è il secondo passo. Il terzo passo è considerare perché ci comportiamo in un certo modo e come mai ci arrivino sempre determinate situazioni.

Per fare questo bisogna andare un po’ più in profondità e supportare la nostra intelligenza pratica con l’uso dell’intuito e della memoria akashica. Dobbiamo cioè porci in una situazione di ascolto, più che di riflessione, che verrà dopo in modo più profondo e complesso, ma pur sempre semplice perché intuitivo.

Spesso non ci rendiamo conto del ripetersi delle nostre azioni, né ci soffermiamo sulle spinte interiori e automatiche che ci guidano. Il nostro subconscio ci spinge, senza che se ne abbia la consapevolezza. Ed è proprio questa che ci serve per risvegliare le capacità pratiche profonde, che ci consentono di prendere la nostra vita in mano. Non è il subconscio che deve comandare, ma la nostra mente superiore, buddhi, che ha la capacità di discernere tra utile e dannoso per ogni azione e per gli sviluppi che può comportare.

Quando si arriva a considerare la mente collegata al divino, siamo un passo in avanti nella nostra ricerca di consapevolezza interiore e ci dobbiamo preservare dagli influssi esterni e interni che ci portano a considerare di nuovo ciò che abbiamo abbandonato, perché non ne siamo ancora fuori, ma piuttosto al limite.

Questo è il quarto passo della meditazione, intesa come processo evolutivo di attenzione e sviluppo della sua pratica. Tutto ciò che è superfluo per capire la nostra essenza non ci interessa più e non ci distrae, se pratichiamo con costanza la riflessione sul quotidiano, ne cerchiamo i motivi nostri e del ripetersi degli eventi, se ancora c’è, e se lasciamo fluire le risposte che arrivano dal profondo, che va oltre l’inconscio e il subconscio. In tal modo arriva la consapevolezza di un’azione, di un pensiero e un sentimento, poi di altri e altri ancora e si comincia ad avere la visuale della nostra vita, sino ad allora sconosciuta.

Si cresce in possibilità di agire e in consapevolezza. Un essere umano è chiamato ad evolvere per comprendere ed agire in pienezza e tale comportamento va guadagnato come tutto nella vita. Maya, l’apparenza, fa da ostacolo e luccicante cornice, ma la sostanza giace nella quiete della profondità del nostro essere, dove possiamo arrivare con un quinto passo, che ci spinge nella non reazione a ciò che ci capita o noi stessi provochiamo e ci porta a prendere in mano la nostra vita, partendo da dove siamo, ma potendola cambiare.

Forse il cambiamento non sarà immediato e neanche pratico, almeno non subito, ma la sua presenza sarà tangibile per chi lo vive interiormente e per l’ambiente intorno. Considerando poi che le vibrazioni emesse da una persona che medita si diffondono nell’etere e si collegano a quelle simili emesse da altri, la sua pratica porterà ad un ampliamento esponenziale degli effetti benefici. E questi saranno tanto maggiori, quanto più è profonda la meditazione, a partire dall’osservazione delle questioni pratiche, fino a raggiungere la considerazione e attivazione di buddhi, con tutti i suoi passaggi, ed arrivare alla meditazione vera e propria, quella che fa fondere il meditante nel Divino e in tutta la Creazione.

Con la pratica ci si arriva e chiunque è chiamato in questa attitudine, che gli Yogi insegnano con il loro esempio e che risveglia totalmente le capacità umane e divine.  

I TRE PASSI DEL CORAGGIO

Il coraggio di essere se stessi è il massimo livello che si può raggiungere in vita nell’audacia umana, quella che spinge al divino. Non vi sto parlando della delicatezza qui, ma della possibilità di essere qualcuno di ben definito, di chiaro, di evidente. E in questo c’è spesso arroganza, visto da un punto di vista di società, di epoche, di abitudini, ma non è così. L’arroganza è dovuta dal sentirsi superiori, dal mettere sempre se stessi al primo posto in un campo umano, allontana dal divino e dal Sé. Il coraggio di vivere il proprio sè o almeno cercare se stessi è l’esatto opposto, prevede umiltà e gioia di vivere in abbondanza.

Non stiamo parlando di eventualità remote, che le persone possono avere solo quando stanno per realizzarsi, ma di atteggiamenti di animo che portano a una conoscenza e una disponibilità maggiori a livello sottile. Il coraggio supremo per un essere umano è dare tutto se stesso a Sé, nel riconoscimento che niente altro esiste, perché siamo tutti Uno e riprendendo la propria integrità si arriva presto alla meta finale, che non allontana più dal percorso. Fino a che non si è oltre il traguardo del non ritorno, c’è sempre la possibilità della ricaduta indietro, della scivolata col tonfo, o dell’alternanza di chiaro-scuro, o bene-male che dir si voglia. Non è previsto un ritorno indietro definitivo, perché il Cosmo va avanti e non consente che vi sia il blocco alla sua evoluzione, ma certo i tempi si possono allungare molto, soprattutto per i singoli individui.

Quindi il coraggio di guardarsi, di analizzarsi in qualsiasi momento è indispensabile per una crescita vera, individuale e generale. È il primo passo nella via del coraggio ed è un tipo di coraggio che porta a riconoscersi e accettarsi per quello che si è prima e per rivedersi nella luce divina poi. Cioè per scoprirsi magnifico-magnifica, al di là delle apparenze e del materiale. Questo è il secondo passaggio per essere in linea con sé e con l’evoluzione cosmica, che in realtà è già arrivata dove è sempre stata.

Il terzo passo del coraggio è risplendere della luce propria, essere come si è veramente e prendere da sé per dare agli altri in autonomia, non perché forzati o complessati, o soli e con mille problemi. Non sono più la rabbia, il pensiero positivo nascosto da negativo, o la inconcludezza del fare senza sapere perché e senza avere uno scopo ben definito nella vita che comandano i nostri passi, ma solo l’amore che porta al distacco totale e alla completa visione del Sé. Sentirete spesso parlare del Sé nel prossimo futuro, perché è la vera arma di ognuno di noi e la vera essenza che ci mette in contatto con tutti gli altri e l’Universo intero.

Quando si è stanchi di sé come si è normalmente e ci si sente tristi, grigi, insoddisfatti, è arrivato il momento di riprendere la propria vita in mano e di riattivare il percorso che avevamo scelto e che poi abbiamo abbandonato, tutto o in parte. È questo abbandono che ci fa stare male, ma è anche la difficoltà di riprenderci completamente che ci fa soffrire. Il distacco dal percorso e la difficoltà del riavvicinamento ci creano entrambi disagio e sofferenza. La soluzione è il coraggio.

Coraggio di vivere il proprio amore, senza aspettarsi niente dall’altro che abbiamo accanto o che è di passaggio, coraggio di affrontare i valori umani per quello che sono e di vivere i propri pensieri di altruismo, senza doverli mascherare di necessità o inevitabilità. A volte siamo molto migliori di come pensiamo, ma non abbiamo il coraggio di ammetterlo, perché questo ci porterebbe poi altre responsabilità. È un coraggio questo, o meglio un modo di vivere il coraggio diretto all’essenza. Non vi è difficoltà di attuazione per chi vuole vedere ciò che è e arrivare a considerare se stesso per quello che è, manifestazione della luce che a sé torna e che equivale gli altri tutti, quando manifestano se stessi.

I tre passi suggeriti sono quelli fondamentali per raggiungere la libertà di visione e la determinazione indispensabili per risvegliarsi al Sé e ognuno di noi deve arrivare ad affrontarli, insieme alle scoperte che farà con loro e con le qualità umane che sempre più svilupperà. Non sono difficili, né facili da raggiungere e mettere in pratica, ma indispensabili, necessari al risveglio dell’anima sopita. Il coraggio è un aspetto degli esseri umani e di coloro che gli appoggiano, angeli e tante altre conformazioni divine. Ma solo l’uomo può raggiungerlo e conquistarlo per libero arbitrio. E si torna sempre lì, sviluppare una caratteristica è vostra decisione oppure no.

Ogni visione di giusto e ingiusto, pauroso o coraggioso vi spetta di diritto, perché così avete deciso di nascere, con la capacità decisionale insita nella scelta. Scelta limitata si è visto, per karma singolo e generico, ma pur sempre scelta. E in questa rientra l’uso del coraggio. Può essere quello semplice e immediato dell’attività fisica, utile e necessario nel quotidiano, e quello della complessa visione di orizzonte, che pochi hanno al momento e che deve portare tutti a considerare lo scopo per cui siamo nati sulla Terra.

Quest’ultimo non è di per sé migliore o peggiore del primo, ma certo ugualmente indispensabile per una vita degna e completa e soprattutto unico a portarci ai piani superiori, dove ogni essere umano è destinato a vivere in consapevolezza, per poi aiutare altri che, come lui prima, faranno lo stesso percorso e non è detto che questi siano adesso in forma umana. Mi riferisco agli animali, fratelli minori di noi umani, non come importanza ma come momento di sviluppo, un po’ come i bambini rispetto agli adulti. Riguardo agli animali sempre abbiamo il dovere di aiutarli a crescere, ma quando siamo arrivati a conoscerci e verificarci, possiamo fare molto di più.

Il nostro raggio di azione si amplifica e si sposta a un livello vibrazionale molto più elevato e in tal modo può toccare e includere nel suo spettro di luce molti più esseri a diversi piani di esistenza e sviluppo. In poche parole, evolvere singolarmente fa bene a tutti, non solo all’interessato, perché l’allargamento del raggio di azione è sempre maggiore, ogni volta che si ascende un po’. E per fare questo ci vuole coraggio di andare contro corrente, di fare da sparti acque e, ancor più, di considerare che quello che facciamo non solo non verrà capito, ma che potrà essere tacciato per egoista, dannoso, o peggio.

Tenete a mente che gli opposti si assimilano all’apparenza e che niente può delimitarli, se non il buon senso e la Verità. Muovetevi in questa linea e trovate il coraggio di agire per l’umanità, a partire da voi. Il resto verrà spontaneamente.