OLTRE LO SGUARDO

Chiudi gli occhi alle cose del mondo e guarda la verità, quella che non avevi mai osato neanche immaginare. Guarda oltre te stesso e il mondo che ti circonda, guarda la verità negli occhi e vedi ciò che è, là fino a dove puoi. È arrivato il momento, tu sai che è arrivato e ha già bussato alla tua porta.

Non ti preoccupare delle circostanze apparenti o delle sostanziali difficoltà, ma limitati a considerare la realtà per quello che è e che si mostra ai tuoi occhi interiori. Non giudicare, non emettere neanche il più piccolo giudizio fino a che non sarai in grado di contemplare più da lontano il mondo che ti avvolge in questa terza dimensione. Non considerare che devi cambiare la tua situazione attuale o che devi cercarne una nuova. In realtà tutto è perfetto così come è.

Non sta a te prendere adesso una decisione così importante, se lasci andare il tuo vecchio modo di vedere e interpretare le cose. Questo è un concetto che non ti riguarda più, se il tuo sguardo è andato oltre. Tu sai ora che non vi è tempo o paese che ti possa far essere felice o infelice, se il tuo animo non è pronto per l’una o l’altra condizione, se la tua mente non è in sintonia con un sentimento o l’altro. Tu sai che dipende da te e che la verità ti ha messo gli occhi addosso e ti avvilupperà come non mai prima. Ti chiamerà a sé e tu risponderai alla chiamata, perché non puoi farne a meno, adesso che sai, che cominci a sapere.

Guarda in alto dentro di te, sempre più in profondità, perché in ogni abisso c’è la vetta sperata e in ogni meandro del tuo essere è compresa una porzione di Cielo, che si svelerà ai tuoi occhi interiori prima che tu lo possa intuire.

Ecco, i giochi sono fatti ora nel firmamento delle cose scoperte e nella speranza di quelle nuove. Non temere l’evoluzione, come non temi di guardare in alto la notte di stelle. C’è luce nel tuo cuore, più di quanta tu ne possa aspettare e c’è la spinta sufficiente a guardare oltre. Ma sappi che non si torna indietro, quando è presa la decisione di essere quello che si è veramente. Il movimento della Verità si attiva istantaneamente, richiamato da un cuore sincero che ha deciso di vedere ciò che è e non ciò che la mente vuole.

Sii certo-a di questo, come sai che domani sorgerà il sole. Rispetta la vita e tutto ciò che comporta per onorare il mondo che verrà e che tu puoi vedere adesso, perché è già qui e basta sintonizzarsi, tu lo sai. Immagina ciò che puoi fare con la mente in linea con il cuore, quando lo sguardo va oltre al conosciuto tattile, all’immaginario limitato che oscilla tra vedere e fare solo cose sempre risapute e decise con una mente limitata.

Risplendi dell’immagine che hai di te nel profondo della tua meditazione e pensa con lo sguardo dell’anima che contatta lo spirito che è. Non temere il futuro, perché il futuro non esiste. E’ un continuo presente che non finisce, non s’inceppa nei suoi meccanismi di attuazione, non torna indietro, non procede avanti. Stai dove stai e capisci. Assapora il presente come il continuum che è, un mondo senza fine e illuso di sé nella falsità della vita quotidiana di routine che avviluppa e corrode l’anima che non sa e non vuole vedere. Apri gli occhi al mondo interiore e scoprirai un mondo esterno diverso dalla realtà che è e pur immerso in essa e da questa benedetto nei suoi aspetti più profondi.

Apri gli occhi e guarda oltre il conosciuto per scoprire il reale che aspetta che tu lo scopra, per mostrarti la Verità. Non avere paura, io sono lì ad aspettarti.vv 

GIOIA E DETERMINAZIONE

Comunque vada, la vita scorre e va dove deve andare per nostro karma e per scelta personale. La differenza è nel vederla e affrontarla in un modo o in un altro, è nella nostra visuale. Possiamo essere passivi e depressi, lasciarci abbattere dalle mille difficoltà della vita e arrangiarci in quello che facciamo, per sopravvivere alla meglio. Oppure possiamo prendere in mano la nostra vita e darci da fare in prima persona, per scegliere il modo di affrontarla e lasciarla scorrere.

Il karma deve fare il suo corso e le scelte fatte prima di incarnarci sono da rispettare, altrimenti le ritroveremo nell’Aldilà come incompiute e dovremo riaffrontarle in una prossima incarnazione. Ma il modo di vivere tutto ciò cambia a seconda di come usiamo l’intuito, il buon senso, il ragionamento e la pazienza. Non vi sono limiti alle sfaccettature degli atteggiamenti che possiamo prendere, ma vi sono stretti passaggi tra una scelta e l’altra. Questo delimita la differenza tra un indirizzo ed un altro e porta al cambiamento, quando necessario. La libertà di scelta che abbiamo è limitata agli eventi che dobbiamo vivere e alla capacità di utilizzare le nostre arti sviluppate nelle vite passate. È legata quindi al karma che abbiamo e ci dà la possibilità di vivere in un modo o in un altro ciò che deve accadere.

Gli indirizzi e le svolte della vita che possiamo prendere, anche queste limitate alle circostanze inevitabili, sono date essenzialmente dall’atteggiamento che abbiamo verso di essa e ciò che ci offre. Sono legati alla nostra visione interiore, che si rispecchia nel modo di osservare gli eventi e affrontarli. Questa porta ad alcune scelte o ad altre e al diverso modo di viverle. Le difficoltà sono tali per tutti, ma alcuni possono soccombere sotto il loro peso e altri darsi da fare con uno sguardo lontano. Oppure le stesse persone in certi momenti reagiscono con positività e in altri si lasciano sopraffare. C’è un motivo per tutto questo.

Il nostro percorso passato ci ha condotti qui dove siamo, proponendoci ciò che abbiamo e che possiamo scegliere. A questo dobbiamo fare attenzione. È molto più rilevante il nostro modo di scegliere che la scelta di per sé, per un discorso di evoluzione personale e come razza umana e quindi per il Cosmo intero. Un atteggiamento positivo, che guarda lontano, oltre la difficoltà del momento e che non si attacca alla sofferenza e alla delusione per commiserarsi, porta a smuovere energie ancora nascoste agli occhi umani. Energie che sono la risorsa della vita e del suo sviluppo.

Non è solo la materia che porta il comando. In realtà la direzione della vita la dà l’intenzione umana, determinata tra cuore e testa, e le forze ancora non conosciute, se non dagli yogi, si sviluppano di conseguenza e agiscono nella materia, che essendo pesante ha tempi lunghi, che richiedono fede in ciò che si sente e si decide per poter vedere i frutti. E la decisione alla lunga non può prescindere dalla gioia di voler realizzare qualche cosa di bello per noi e per gli altri.

Tanto maggiore è la nostra visuale lontana e l’entusiasmo iniziale con cui l’abbracciamo e tanta più sarà la gioia interiore che ci accompagnerà nella sua realizzazione. Ma dato che gli inconvenienti esistono, per karma, per opposizione di chi fa altre scelte, per nostre prove ancora cercate, la nostra gioia va alimentata con il ricordo delle scelte iniziali e della forza che vi abbiamo inserita. La sua presenza nella nostra mente ci libera dai dubbi, ci porta ad una visuale più ampia e ci ridona l’energia che ci ha spinti e sorretti nella scelta.

È una gioia sottile, che può non comparire all’esterno, che è schiva dal mostrarsi a tutti, ma che, nelle giuste occasioni e con le compagnie adatte, si manifesta pienamente per quello che è, un sentimento forte che spinge a trovare il bello dentro e intorno sé.

Stiamo parlando della gioia che sviluppa il coraggio di essere sempre in linea con se stessi e di guardare con uno sguardo profondo e distaccato, che a sua volta genera quella. Sono atteggiamenti che portano a condividere con gli altri la nostra capacità di fare e di pensare, di riflettere e di spronare con l’esempio, non solo con le parole. Queste anzi vengono spesso evitate o risparmiate, quando è evidente che l’ambiente è avverso e i tempi non sono pronti.

La gioia dell’anima si manifesta a tratti a chi sa vedere e si radica nel cuore puro, pronto a donarsi perché è la sua vocazione di scelta, nella consapevolezza mentale che ognuno ha il proprio percorso e a questo si deve attenere quanto più può nella materia e totalmente nella sostanza della propria interiorità. Nel comprenderla e prima ancora cercarla, la gioia si manifesta, prima in modo quasi impercettibile, poi nella profondità del nostro essere come una presenza attuale e più presente, che viene a svelarsi ai nostri occhi interiori in modo sempre più evidente, fino a divenire una compagna costante.

Così noi diventiamo tutt’uno con la gioia, non superficiale di alti e bassi, legata ad altri, alle circostanze esterne e agli oggetti, ma uno stato di essere che corrisponde a piani più elevati della coscienza, dove la consapevolezza trova l’essenza più sottile e il passeggero non ci interessa più come ricerca di vita. Ci sarà ancora, nei suoi risvolti pratici e negli eventi da affrontare, ma la luce di Maya, l’apparenza, non potrà più irretirci con i suoi flash, perché è un’altra la luce che ci attrae e lì la gioia è una presenza tanto più costante, quanto più la guardiamo.

È possibile arrivarci, da qualsiasi situazione noi si parta, perché l’abbiamo insita dentro di noi. Va solo ripulita dalle asperità della vita e dai nostri sguardi più cupi. Con l’abitudine a farlo si sottolinea la sua importanza e lei si manifesta sempre di più. Va cercata come qualche cosa di prezioso e importante, con riflessione, ragionamento, costanza e apertura di cuore. Sentendosi cercata e amata, si svelerà.    

I PASSI DELLA MEDITAZIONE

La comprensione degli aspetti della vita viene riflettendoci e meditando se un fatto, una questione o un evento sono giusti o no, se sono corretti per la vita che esiste tutto intorno a noi e per noi stessi. Meditare significa considerare in profondità e con sensibilità gli aspetti di qualche cosa o qualcuno. Questo porta a riflettere sull’essenza di ciò che è, della vita e del principio che unisce e governa.

Non è una pratica facile, perché siamo spesso fuorviati dalle considerazioni futili e immediate che ci legano alla quotidianità e ai nostri problemi strutturali e improvvisi. Eppure, è proprio la possibilità che abbiamo di vedere le questioni dell’esistenza in modo più distaccato, senza farcene toccare e poter arrivare così ad una decisione pratica che ci permetta di vivere meglio. Non è veloce il suo processo, non da fast food o usa e getta, ma porta all’abitudine di considerare l’utilità dei vari aspetti.

Questo è quanto più ci serve per essere attorniati dal positivo e dal creativo che ci può accompagnare. Non sto ancora parlando della meditazione intesa come pratica profonda e spirituale, ma di un inizio di attenzione alla praticità, aspetto altrettanto importante nella vita di tutti i giorni, che se ben sviluppato aiuta anche nella spiritualità. Noi siamo un tutt’uno di materia e spirito, fin che siamo sulla Terra, e con tale insieme abbiamo da imparare a convivere. Non è difficile, se seguiamo i dettami che la vita ci offre, manifestati nella Natura, che è la nostra prima maestra.

La comprensione della nostra esistenza è alla portata di tutti e il suo percorso può essere agevole e scorrevole, accettando le asperità che possiamo incontrare, come su qualsiasi cammino, fintanto che non viene completamente pulito. La nostra vita è una continua azione di pulizia, che deve essere programmata nei dettagli, considerando i benefici e i danni che ci può portare. Nella sua previsione serve la riflessione sui nostri atteggiamenti, che ci conduce ad avere uno sguardo più interiore di quello solo sulla pratica e che a questo è strettamente collegato.

Come si può comprendere se un agire o una cosa o situazione ci sono benefici o no, se non consideriamo il nostro comportamento verso di loro e le motivazioni che ci sono dietro? Il beneficio di qualche cosa può portare a positività maggiori, oppure no, e così viceversa. Ma ciò è sempre collegato al nostro sentire, alle nostre aspirazioni e al sottovalutare che spesso facciamo delle implicazioni che i nostri atteggiamenti comportano.

Partendo da questioni pratiche, ci si abitua all’osservazione e questo è il primo passo. Da qui all’attenzione di come facciamo le cose e di come ci arrivano è il secondo passo. Il terzo passo è considerare perché ci comportiamo in un certo modo e come mai ci arrivino sempre determinate situazioni.

Per fare questo bisogna andare un po’ più in profondità e supportare la nostra intelligenza pratica con l’uso dell’intuito e della memoria akashica. Dobbiamo cioè porci in una situazione di ascolto, più che di riflessione, che verrà dopo in modo più profondo e complesso, ma pur sempre semplice perché intuitivo.

Spesso non ci rendiamo conto del ripetersi delle nostre azioni, né ci soffermiamo sulle spinte interiori e automatiche che ci guidano. Il nostro subconscio ci spinge, senza che se ne abbia la consapevolezza. Ed è proprio questa che ci serve per risvegliare le capacità pratiche profonde, che ci consentono di prendere la nostra vita in mano. Non è il subconscio che deve comandare, ma la nostra mente superiore, buddhi, che ha la capacità di discernere tra utile e dannoso per ogni azione e per gli sviluppi che può comportare.

Quando si arriva a considerare la mente collegata al divino, siamo un passo in avanti nella nostra ricerca di consapevolezza interiore e ci dobbiamo preservare dagli influssi esterni e interni che ci portano a considerare di nuovo ciò che abbiamo abbandonato, perché non ne siamo ancora fuori, ma piuttosto al limite.

Questo è il quarto passo della meditazione, intesa come processo evolutivo di attenzione e sviluppo della sua pratica. Tutto ciò che è superfluo per capire la nostra essenza non ci interessa più e non ci distrae, se pratichiamo con costanza la riflessione sul quotidiano, ne cerchiamo i motivi nostri e del ripetersi degli eventi, se ancora c’è, e se lasciamo fluire le risposte che arrivano dal profondo, che va oltre l’inconscio e il subconscio. In tal modo arriva la consapevolezza di un’azione, di un pensiero e un sentimento, poi di altri e altri ancora e si comincia ad avere la visuale della nostra vita, sino ad allora sconosciuta.

Si cresce in possibilità di agire e in consapevolezza. Un essere umano è chiamato ad evolvere per comprendere ed agire in pienezza e tale comportamento va guadagnato come tutto nella vita. Maya, l’apparenza, fa da ostacolo e luccicante cornice, ma la sostanza giace nella quiete della profondità del nostro essere, dove possiamo arrivare con un quinto passo, che ci spinge nella non reazione a ciò che ci capita o noi stessi provochiamo e ci porta a prendere in mano la nostra vita, partendo da dove siamo, ma potendola cambiare.

Forse il cambiamento non sarà immediato e neanche pratico, almeno non subito, ma la sua presenza sarà tangibile per chi lo vive interiormente e per l’ambiente intorno. Considerando poi che le vibrazioni emesse da una persona che medita si diffondono nell’etere e si collegano a quelle simili emesse da altri, la sua pratica porterà ad un ampliamento esponenziale degli effetti benefici. E questi saranno tanto maggiori, quanto più è profonda la meditazione, a partire dall’osservazione delle questioni pratiche, fino a raggiungere la considerazione e attivazione di buddhi, con tutti i suoi passaggi, ed arrivare alla meditazione vera e propria, quella che fa fondere il meditante nel Divino e in tutta la Creazione.

Con la pratica ci si arriva e chiunque è chiamato in questa attitudine, che gli Yogi insegnano con il loro esempio e che risveglia totalmente le capacità umane e divine.  

LA GUERRA DI DIO

Non c’è parola che possa definire meglio dell’amore quello che Dio fa. La sostanza delle cose e la loro essenza sono racchiuse in questa piccola parola disattesa e mal considerata. Non è l’amore mondano che porta a comprendere, né quello per interesse personale mal celato, ma solo quello che guarda l’altro come parte di sé, una sua espressione grandiosa, perché ben vedibile.

Considerate che l’epoca in cui tutto si faceva per incuria, abitudine e monotonia è finita. Solo noi siamo capaci di rendercene conto completamente e in un attimo, noi che guardiamo dall’alto del mondo, con uno sguardo globale ben aperto e che risolviamo i problemi altrui in un attimo, quando c’è la vostra richiesta. Questo voi e noi è solo indicativo, per specificare e poter spiegare meglio, ma sappiamo che voi e noi siamo tutt’uno nello sguardo di Dio. E proprio di questo vi voglio parlare adesso.

Non è troppo tardi per imparare, mai lo è da un punto di vista senza tempo, ma nello scorrere del Kali Yuga (l’epoca più pesante attuale che sta finendo) e del suo movimento temporale sì lo è, perché può portare a ritardi eccessivi per accogliere il cambiamento. Questo arriverà comunque, per le forze cosmiche in atto, ma qualcuno e qualcosa potrebbero perdere l’occasione del movimento interiore definitivo. E questo costituirebbe un ritardo per gli interessati, che porterebbe a maggiori sofferenze.

Considerate che il dolore non è parte della nuova epoca iniziata. Nell’Età dell’Oro è la mente superiore che guida e che fa apprendere senza soffrire. Quando c’è l’impulso elevato alla comprensione e si vuole apprendere perché questo fa parte dell’animo umano e porta ad innalzare il livello vibrazionale di tutti, comprendere diviene un fatto naturale e privo di dolore, perché non c’è lotta. È questa che genera sofferenza, è la sua mancanza di allineamento con il divino che è in tutti noi.

Abolendo la lotta, dimenticandone persino l’esistenza, l’uomo può rigenerare le sue cellule stanche e riprendere il cammino che gli compete, in una nuova visuale, in cui la lotta non c’è neanche come ricordo. Le affermazioni positive la sostituiscono e il percorso della memoria di ciò che siamo ed è riempie il suo vuoto. È una guerra questa che conduce al successo senza morti e feriti. È la sostituzione del cambiamento in atto con la certezza della consapevolezza che porta a conoscere.

Tutti gli esseri umani e viventi devono sapere chi sono, da dove vengono e dove vanno, perché ci deve essere uno sprone e uno scopo in tutto quello che si fa. La sua mancanza porta a confusione, perdite di tempo, paura di agire, in memoria di vecchi dolori che si stagliano nell’anima e che danno il senso di vacuità delle cose. In poche parole ci rende schiavi del niente, del fare ripetitivo e tempestoso della vita corrente, che non si ferma a riflettere.

Al contrario, la consapevolezza di avere un fine attento a noi, e dal quale non prescindiamo ma con cui siamo un insieme totale, ci spinge a considerare la nostra vita per quello che è, un’esperienza di apprendimento evolutivo globale, che comprende tutti e tutto. E tale comprensione avviene particolarmente bene in assenza di emozioni negative, quando la mente è portata a considerare i lati benefici dell’esistenza e non a creare quelli ostacolanti. Si torna qui, al discorso dell’ostacolo, che caratterizza quest’epoca in finire del Kali Yuga, la più pesante di tutte, che ha avuto la sua motivazione, far capire fin dove possibile attraverso lo sbaglio, la dissonanza e la sofferenza, tutte espressioni della lotta, l’allontanamento dalla Sorgente comune, e della dualità che ne consegue.

È stata una libera scelta umana sperimentare con tecniche da lei create o prese in prestito da altri più evoluti nei mezzi ma non nell’interiorità. Siamo uniti al Cosmo intero, che è abitato da esseri di infinite diversità, legati dal filo conduttore dell’amore e della creazione nella loro base, ma non tutti nelle loro espressioni. Pertanto la scelta di accompagnarsi con alcuni o piuttosto con altri determina la nostra evoluzione o involuzione, sia pur temporanea o apparente.

Si può progredire con lo sguardo al Divino e l’animo puro, così come arraffando conoscenze e sapere di altri, senza il supporto spirituale. Considerando che questo è il motore della conoscenza cosmica e della sua applicazione nella materia, come i Grandi sanno, si capisce che non si possa evolvere veramente se non con il cuore. Questo è la base della crescita e porta a considerare gli altri per quello che sono, nostre espressioni realizzate in vitro dalla potenza della nostra mente ed espresse in concreto dalle forze della natura e cosmiche che ci sovrastano e ci accompagnano.

La guerra di Dio è la conoscenza dei meccanismi che ci muovono e che possiamo usare per crescere e creare senza lotta, riflettendo che tutti ci muoviamo in tutte le direzioni, fino a che non ne abbiamo privilegiata una che contempli e incameri le altre in un modo nuovo. Quello della scoperta dell’antico sempre esistente, il fluire della vita, senza ostacoli frapposti da noi stessi che vogliamo verificarci a ogni passo, perché non ancora soddisfatti di come siamo.

Rinunciamo ad osteggiare, a piangere su ciò che abbiamo fatto o non fatto. Non torna indietro il passato, ma può confluire in un futuro migliore, dove la lotta lascia il passo alla gioia di essere, con la consapevolezza di ciò. È impagabile la sua sensazione e senza paragoni. È questo prendere la scelta divina della consapevolezza che siamo tutti uno, è la guerra dell’amore insito in ciascuno di noi, dove il cuore ci comanda con l’intelligenza del sapere intuitivo, che è unito al Superiore e in Lui a tutti e pertanto sa che cosa è il meglio per ciascuno e l’insieme.  

TENEREZZA E EVOLUZIONE

Non solo l’amore ci vuole nella vita, ma anche la tenerezza. O per meglio dire, la tenerezza e l’amore sono la stessa cosa. Guardate un bambino piccolo e non ancora deviato dagli impulsi dei grandi. È tenero nelle sue espressioni e se non è supportato da spinte adulte, risplende del suo cuore ancora in collegamento col mondo superiore. Allora, che cosa interviene perché si perdano queste attitudini, che cosa può deviarci talmente tanto da farci essere contro la nostra natura, che si manifesta da bambini piccoli?

Non è l’imposizione che ci fa essere buoni, perché la bontà è un bene insito nell’essere umano, così come non è lo sguardo di un genitore che ci spinge ad atteggiamenti di affetto e considerazione. Per quanto l’esempio sia fondamentale e l’insegnamento arrivi con questo, il bisogno di tenerezza e amore è qualche cosa che travalica la trasmissione. È innato, come tutte le qualità umane e le loro sfaccettature. Perché si perdono, allora? Perché è proprio l’esempio e il contorno della società che ci spingono fin da piccoli a rinunciare alla nostra natura, per cercare altro e in ciò identificarsi.

L’aspetto esterno ha un grande richiamo in una società basata sul mostrare e sul pretendere, non solo quella attuale ma in special modo questa. Se gli adulti ridono della tenerezza dei bambini che stanno crescendo, se la richiesta di attenzioni continue dei piccoli infastidisce e porta a spingerli a crescere prima del tempo, qualche cosa di innaturale si apre in loro, per non ricomporsi più, se non dopo lunghe e penose ricerche personali.

Se poi i bambini sono abusati, repressi, allontanati, questo crea nella loro piccola mente uno squarcio di dolore e confusione, che porta a rifiutare la loro espressione naturale, come insana, inutile e ridicola e li spinge a guardarsi come se fossero malati dentro, sbagliati e ingiusti. E questo atteggiamento li porta ad allontanarsi da se stessi, fino a non riconoscersi più e ad annaspare per avere quell’amore e tenerezza che erano dovuti e naturali da piccoli e che da ragazzi e da adulti vanno a cercare in modi, luoghi e presenze non adeguate.

L’attitudine all’amore è qualche cosa che non si insegna solo con l’esempio, ma con la trasmissione profonda, che viene da anima a anima, di vita in vita, con il ricordo passato e con il risveglio del cuore. L’esempio è fondamentale, ma non essenziale in questo caso. L’essenza della sostanza deriva dalla nostra natura e ciò che impariamo con l’esempio risveglia e appoggia il nostro essere, oppure lo fuorvia e lo allontana da noi stessi, per spingerlo in lidi lontani dal nostro spirito. Lì è la sofferenza e tutto ciò che questa comporta.

Come tornare alle origini, allora e come riprendere la nostra essenza? Riflettendo sulle nostre azioni, sul loro perché e su ciò che le spinge a manifestarsi, su come ne rimaniamo dopo e sulle conseguenze che ci portano. I passi della meditazione (v. articolo), ci aiutano in questo enormemente, a patto di essere decisi e costanti. Quando una persona è abituata fin da piccola al rifiuto della tenerezza, a sentirsi ridicola se la manifesta o la richiede viene fuorviata e accetta atteggiamenti diversi da quelli teneri naturali, che non riconosce più.

In poche parole ci abituiamo ad essere denigrati e sviliti, in nome di un affetto mai avuto, come se non meritassimo la dolcezza che ci appartiene. Rendersi conto di ciò è un percorso lungo, specie se solitario, come spesso è almeno per buona parte.

Aiuta a risolverlo e concluderlo, considerare che gli artefici del rifiuto della tenerezza che ci era dovuta, che ci hanno creato così tanti danni conseguenziali, sono anche loro delle vittime di loro stessi, dell’educazione ricevuta, del loro karma. O meglio degli esseri che stanno facendo un percorso da aguzzini o esecutori distratti di indicazioni fuorvianti la nostra natura e che sono qui per imparare come noi e che dovranno passare ciò che abbiamo conosciuto noi per poter comprendere. A meno che non riflettano molto e non cerchino il cambiamento nella stessa vita.

In questo potremmo aiutarli, proprio noi che siamo stati grandemente offesi, perché il superamento dei propri problemi porta alla comprensione delle altrui mancanze e aggressività, che hanno un vuoto di tenerezza e amore alla base. Chi meglio di chi non le ha avute, ma tanto agognate e cercate può trasmetterle, presentarle e comprenderle con semplicità? Una volta superati i propri ostacoli, dagli altri creati ma evidentemente scelti da noi prima di nascere, sia per karma che per accettazione di collaborazione o per un miscuglio di questi due aspetti, il quadro appare più chiaro e la sua comprensione ci porta al perdono, al distacco e alla serenità riguardo a ciò che è stato.

Non è semplice ma fattibile, passo dopo passo, con l’attenzione a ciò che sentiamo e che ci viene alla memoria. Con l’uso di semplici buone tecniche si può arrivare a capire sempre più, fino ad uscire completamente dallo snaturamento che la mancanza di affetto ci ha portato. Ci possono essere ricadute di atteggiamenti vecchio stile, ma con la costanza nella riflessione e nel buon senso se ne esce. Poi diventa solo un esercizio di memoria, ricordare che ne siamo già usciti e riprendere questo stato agognato e conquistato. Ciò vale per tutto.

Una volta imparata o ripresa la tenerezza del cuore, verso la propria esistenza e quella altrui, il legame con il passato e gli artefici della nostra sofferenza è spezzato e possiamo trasmettere altro nella nostra stessa famiglia e nell’ambiente che è stato causa del nostro dolore e di molti dei nostri sbagli. E a maggior ragione facciamo lo stesso riguardo alla nostra discendenza e a coloro che ci stanno più vicini.

È un mondo vasto quello della tenerezza, in cui ci si muove con delicatezza, rispetto e amore. Dove le mani sono usate per toccare leggermente e stringere con forza per aiutare l’altro, con il cuore puro che non chiede, ma solo pensa che è la sua natura dare e di questo è felice. Amare sé porta a comprenderlo, a non snaturare più il proprio essere e a riprendere il proprio cammino di umano, non con atteggiamenti imposti, forzati o dubbiosi, ma con il fare dato dal cuore consapevole unito al buon senso della mente, che sanno che quella è la sola via.