La paura connessa all’infanzia

Quando da bambini, fin dalla nascita, non si è stati amati e ben voluti dalle persone che più avrebbero dovuto farlo, la paura subentra al posto dell’amore e riempie quel posto nel cuore che all’amore era destinato. Non è colpa di nessuno, ma tutti hanno le proprie responsabilità. I genitori, gli istruttori, i parenti, tutti coloro che sono entrati in contatto con il piccolo e non l’hanno volutamente amato, o hanno voltato lo sguardo altrove per superficialità o per non immischiarsi.

Siamo d’accordo che l’amore è la forza che muove l’universo, tutti gli Angeli sono mossi da questa energia, ma la sua applicazione e anche il suo riconoscimento sono difficili per chi non è entrato dalla porta principale. Tutti noi umani, in un modo o in un altro, siamo coinvolti in sbagli passati che ci pesano addosso, pur non vedendoli, e che rivendicano la loro energia. Siamo circoscritti in un suolo che non è il nostro di appartenenza e che ci appesantisce il viaggio.

In quest’ottica, che naturalmente parla del karma, ciascuno di noi ha le proprie responsabilità nel non essere amato, perché qualcosa nel passato l’ha condotto in quella situazione. Per questo i genitori che non amano e i figli che non sono amati hanno qualche cosa in comune, così come chi abbandona e chi è abbandonato. Non vi risentite, spingo solo ad avere pietà e compassione anche quando si è stati delle vittime da bambini, abusati e non rispettati, perché questa è l’unica via per uscire dal disastro emotivo subito, che ci ha portati a scelte sbagliate e a incontri spiacevoli.

La compassione e la comprensione, conoscendo la profondità delle regole karmiche, portano al distacco e questo conduce all’indipendenza come essere molto più che umano. La paura che ha attanagliato il cuore di un bambino, continua ad esercitare il proprio potere sino all’età adulta e alla fine della vita, mascherata da bontà, disponibilità, riconoscenza, accomodamento e con mille altre forme che la mente umana inventa per restare nella situazione conosciuta, perché è comunque quella a cui si è abituati e perché una società di persone con problemi di paura spinge a fare così.

La paura di cui parlo è sottile e non facilmente riconoscibile, perché nasce molto indietro, nella memoria dell’esistenza attuale e di altre passate. Non è quella fisica per una situazione di pericolo reale o immaginario, ma può diventarla. È una paura di essere se stessi, perché non sappiamo neanche più chi siamo, da dove veniamo, perché siamo su questo pianeta, al di là della nostra storia personale. È una paura da mancanza di radici, che cechiamo di colmare con cose e relazioni superficiali con la parvenza d’amore. Toglie il respiro e fa sentire la mancanza di gioia e entusiasmo, qualità che appartengono all’amore.

Sentimento energetico e forza devastante, l’amore, che basta a se stesso e che colma ogni vuoto mal riempito e mal interpretato. Ma difficile da raggiungere, quando non si sono avuti esempi naturali e spontanei nell’infanzia e tanto più quando si è vissuto l’opposto, il più delle volte. Tutto però ha un senso e un motivo e esempi di Grandi con un passato travagliato ce ne sono e sono da prendere ad esempio, anche se lontani nel tempo e nello spazio, perché l’amore non ha tempo e spazio.

È la nostra visuale che deve cambiare, perché noi, anime incarnate, si possa essere liberi di essere chi siamo e di esprimere al meglio le nostre potenzialità. Il distacco per questo è fondamentale, per quanto all’inizio possa far male e per quanto la nostra mente si ribelli impaurita, perché così è stata abituata. Solo imparando a guardare gli aspetti della vita e le questioni del cuore come un passaggio evolutivo, possiamo arrivare a contattare l’amore puro che è sempre stato in sintonia col nostro cuore e che aspetta di essere liberato da ansie, dolori e dubbi, tutti legati alla paura di non essere amato, accettato e compreso, come da piccoli e in chissà quante altre vite.

È un’opera di pulizia senza aspettative, di apertura al nuovo che ci appartiene da sempre e di fede in noi, esseri divini, simili agli Dei e agli Angeli più belli. Forse anche chi ci ha non amati, delusi, aggrediti, seviziati ha paura di non essere amato ma non lo sa. Non state vicino ad esseri così, allontanatevi appena potete e schermatevi dagli influssi bassi, ma compatiteli, per potervene staccare del tutto. Forse un giorno, in questa o in un’altra vita, vicina o lontana, capiranno anche loro. Intanto capite voi e spianate la strada col vostro esempio a chi è pronto per seguirlo, aumentando i germi per una potente rinascita per tutti e tutto, per questa stupenda Madre Terra, per le sue creature più violentate e abbrutite da uomini che hanno dimenticato la potenza dell’amore. Riflettete su questa forza, circondatevi di amore, vivetelo per voi e per gli altri. Provate a ricordare che tutto ha un senso e che potete uscire da qualsiasi bassa situazione, come da un trampolino di lancio, scordando il negativo e lasciando spazio a tutto il positivo che l’amore nel vostro cuore vi porterà, perché frequenze uguali si attirano tra di loro e creano una melodia che le sovrasta e comprende. Siamo Angeli, dobbiamo solo ricordarlo.

TENEREZZA E EVOLUZIONE

Non solo l’amore ci vuole nella vita, ma anche la tenerezza. O per meglio dire, la tenerezza e l’amore sono la stessa cosa. Guardate un bambino piccolo e non ancora deviato dagli impulsi dei grandi. È tenero nelle sue espressioni e se non è supportato da spinte adulte, risplende del suo cuore ancora in collegamento col mondo superiore. Allora, che cosa interviene perché si perdano queste attitudini, che cosa può deviarci talmente tanto da farci essere contro la nostra natura, che si manifesta da bambini piccoli?

Non è l’imposizione che ci fa essere buoni, perché la bontà è un bene insito nell’essere umano, così come non è lo sguardo di un genitore che ci spinge ad atteggiamenti di affetto e considerazione. Per quanto l’esempio sia fondamentale e l’insegnamento arrivi con questo, il bisogno di tenerezza e amore è qualche cosa che travalica la trasmissione. È innato, come tutte le qualità umane e le loro sfaccettature. Perché si perdono, allora? Perché è proprio l’esempio e il contorno della società che ci spingono fin da piccoli a rinunciare alla nostra natura, per cercare altro e in ciò identificarsi.

L’aspetto esterno ha un grande richiamo in una società basata sul mostrare e sul pretendere, non solo quella attuale ma in special modo questa. Se gli adulti ridono della tenerezza dei bambini che stanno crescendo, se la richiesta di attenzioni continue dei piccoli infastidisce e porta a spingerli a crescere prima del tempo, qualche cosa di innaturale si apre in loro, per non ricomporsi più, se non dopo lunghe e penose ricerche personali.

Se poi i bambini sono abusati, repressi, allontanati, questo crea nella loro piccola mente uno squarcio di dolore e confusione, che porta a rifiutare la loro espressione naturale, come insana, inutile e ridicola e li spinge a guardarsi come se fossero malati dentro, sbagliati e ingiusti. E questo atteggiamento li porta ad allontanarsi da se stessi, fino a non riconoscersi più e ad annaspare per avere quell’amore e tenerezza che erano dovuti e naturali da piccoli e che da ragazzi e da adulti vanno a cercare in modi, luoghi e presenze non adeguate.

L’attitudine all’amore è qualche cosa che non si insegna solo con l’esempio, ma con la trasmissione profonda, che viene da anima a anima, di vita in vita, con il ricordo passato e con il risveglio del cuore. L’esempio è fondamentale, ma non essenziale in questo caso. L’essenza della sostanza deriva dalla nostra natura e ciò che impariamo con l’esempio risveglia e appoggia il nostro essere, oppure lo fuorvia e lo allontana da noi stessi, per spingerlo in lidi lontani dal nostro spirito. Lì è la sofferenza e tutto ciò che questa comporta.

Come tornare alle origini, allora e come riprendere la nostra essenza? Riflettendo sulle nostre azioni, sul loro perché e su ciò che le spinge a manifestarsi, su come ne rimaniamo dopo e sulle conseguenze che ci portano. I passi della meditazione (v. articolo), ci aiutano in questo enormemente, a patto di essere decisi e costanti. Quando una persona è abituata fin da piccola al rifiuto della tenerezza, a sentirsi ridicola se la manifesta o la richiede viene fuorviata e accetta atteggiamenti diversi da quelli teneri naturali, che non riconosce più.

In poche parole ci abituiamo ad essere denigrati e sviliti, in nome di un affetto mai avuto, come se non meritassimo la dolcezza che ci appartiene. Rendersi conto di ciò è un percorso lungo, specie se solitario, come spesso è almeno per buona parte.

Aiuta a risolverlo e concluderlo, considerare che gli artefici del rifiuto della tenerezza che ci era dovuta, che ci hanno creato così tanti danni conseguenziali, sono anche loro delle vittime di loro stessi, dell’educazione ricevuta, del loro karma. O meglio degli esseri che stanno facendo un percorso da aguzzini o esecutori distratti di indicazioni fuorvianti la nostra natura e che sono qui per imparare come noi e che dovranno passare ciò che abbiamo conosciuto noi per poter comprendere. A meno che non riflettano molto e non cerchino il cambiamento nella stessa vita.

In questo potremmo aiutarli, proprio noi che siamo stati grandemente offesi, perché il superamento dei propri problemi porta alla comprensione delle altrui mancanze e aggressività, che hanno un vuoto di tenerezza e amore alla base. Chi meglio di chi non le ha avute, ma tanto agognate e cercate può trasmetterle, presentarle e comprenderle con semplicità? Una volta superati i propri ostacoli, dagli altri creati ma evidentemente scelti da noi prima di nascere, sia per karma che per accettazione di collaborazione o per un miscuglio di questi due aspetti, il quadro appare più chiaro e la sua comprensione ci porta al perdono, al distacco e alla serenità riguardo a ciò che è stato.

Non è semplice ma fattibile, passo dopo passo, con l’attenzione a ciò che sentiamo e che ci viene alla memoria. Con l’uso di semplici buone tecniche si può arrivare a capire sempre più, fino ad uscire completamente dallo snaturamento che la mancanza di affetto ci ha portato. Ci possono essere ricadute di atteggiamenti vecchio stile, ma con la costanza nella riflessione e nel buon senso se ne esce. Poi diventa solo un esercizio di memoria, ricordare che ne siamo già usciti e riprendere questo stato agognato e conquistato. Ciò vale per tutto.

Una volta imparata o ripresa la tenerezza del cuore, verso la propria esistenza e quella altrui, il legame con il passato e gli artefici della nostra sofferenza è spezzato e possiamo trasmettere altro nella nostra stessa famiglia e nell’ambiente che è stato causa del nostro dolore e di molti dei nostri sbagli. E a maggior ragione facciamo lo stesso riguardo alla nostra discendenza e a coloro che ci stanno più vicini.

È un mondo vasto quello della tenerezza, in cui ci si muove con delicatezza, rispetto e amore. Dove le mani sono usate per toccare leggermente e stringere con forza per aiutare l’altro, con il cuore puro che non chiede, ma solo pensa che è la sua natura dare e di questo è felice. Amare sé porta a comprenderlo, a non snaturare più il proprio essere e a riprendere il proprio cammino di umano, non con atteggiamenti imposti, forzati o dubbiosi, ma con il fare dato dal cuore consapevole unito al buon senso della mente, che sanno che quella è la sola via.