ESERCIZIO PER IMPARARE IL DISTACCO

Guardate in alto e riflette sul distacco da questo piccolo mondo, immergendovi nel Cielo. Per farlo chiudete gli occhi, sospirate inspirando con decisione fino al profondo, mandando l’aria in fondo alla pancia, ed espirate con altrettanta decisione. Ripete per due o tre volte. Potrebbe girarvi un po’ la testa o potreste sentirvi leggermente più eterei. Questo vi aiuta a connettervi di più con il cielo.

Immaginate o visualizzate, sempre ad occhi chiusi, di essere su in alto, dentro lo spazio azzurro che avete appena visto e inalato. Vi trovate lì, comodi e ben accolti da tutto ciò che vi circonda. C’è aria sottile intorno, pulita e leggera, percettibile ma non invasiva. Niente scie chimiche, niente inquinamenti buttati su madre Terra. Siete liberi dai condizionamenti delle onde sparse giù per destabilizzare, che confondono la vostra energia. Qui in alto potete riprendere il controllo di voi stessi e guardare ciò che volete della vostra interiorità e del piano globale divino a cui appartenete.

Con l’attenzione a un respiro profondo, guardate giù, vedete la Terra, i suoi mari, i suoi continenti, le sue foreste, i suoi deserti e le sue città. Lasciatevi attrarre da una di queste in particolare e se subito vi chiama, rispondetele immediatamente con l’attenzione dello sguardo interiore. È la vostra città, dove vivete, nel caos di una metropoli o nella apparente tranquillità di un piccolo paese o nella campagna vicina all’una o all’altra. Lì avete il vostro quartier generale, per ora, e lì pensate, dormite, sognate, mangiate, passate la vostra vita per buona parte del vostro tempo.

Lì vivete le vostre preoccupazioni, ansie, sofferenze e dubbi e vi chiedete come agire e forse se c’è altro nella vita. Sicuramente sì, c’è altro, c’è tutto un mondo infinito che potete imparare a conoscere, se prendete distacco da quello che vi circonda e nel quale vivete immersi, se vi distanziate un po’ dalle preoccupazioni della vita quotidiana. Di queste vi dovete occupare, è evidente, ma rimanerne fagocitati vi tira giù l’anima, oltre che il corpo e la mente.

Guardate quel piccolo luogo dove vivete usualmente, guardatelo dall’alto e provate ad osservare voi stessi a casa vostra, che parlate con i vostri cari o che state discutendo con loro per qualche cosa, che siete tristi per un addio o una lontananza, che pensate di non sapere che cosa fare di diverso nel vostro futuro. Guardatevi mentre sorridete per convenienza a un conoscente, o mentre al lavoro vi sentite stanchi e insoddisfatti. Osservatevi da soli a rimuginare su ciò che vi è stato detto o su ciò che avreste voluto dire, ma non siete riusciti a farlo.

Guardatevi e ricordate che siete in Cielo, immersi nell’aria leggera e chiara, che crea un mondo sottile ma reale, che sorregge e alimenta il vostro sentire più profondo e rilassato. Siete quassù adesso e niente può toccarvi o tirarvi giù, se voi non volete. Siete liberi di scegliere se immergervi completamente nel materiale della vita quotidiana sulla Terra, o se ritagliarvi un pezzetto di Cielo, da dove osservare ciò che accade giù e vedervi mentre vi muovete quasi come automi, immersi completamente nelle questioni di questa vostra incarnazione.

Chiedetevi se vale la pena soffrire, stordirsi con cose commerciali, con divertimenti o passatempi proposti volutamente a tutte le ore, per pensare solo a una breve vita di pochi anni o se è meglio allargare lo sguardo e andare oltre il materiale immediato per aprire la visione a immagini, sensazioni e aspettative diverse.

Siete lì adesso, in quel Cielo sottile e accogliente e potete chiamare gli Angeli a parlarvi e sostenervi nelle vostre questioni e problematiche. Guardate giù, percepite che cosa vi angustia e chiamate il vostro Angelo Guardiano, che vi accompagna costantemente. Chiedetegli di mostrarsi e di aiutarvi nel distacco. Guardatelo presentarsi visivamente a voi e osservate la parte di Cielo che vi mostra, dove vedete il vostro più roseo avvenire sulla Terra, percepite la dolcezza della calma e la tranquillità dello stare in pace con tutti e tutto, al di là di come gli altri sono e di quello che accade.

In quella spazio di Cielo voi siete liberi di essere il meglio di voi, di praticare le vostre arti e esercitare i talenti che vi competono. Non c’è difficoltà che non possa essere superata e non c’è dolore o tristezza che non sparisca in un attimo, basta volerlo. Sappiate che tutto ciò può essere nella vostra vita terrena, se siete convinti che sia così.

L’Angelo Guardiano poi vi mostra un’altra visuale di Cielo, accanto alla prima, dove vedete voi stessi in un’altra dimensione, la quinta, e lì siete felici, distaccati dai mali e dolori di prima, consapevoli di ciò che è stato, degli sforzi fatti e del cambiamento avvenuto. Siete grandi adesso, responsabili di voi, in mezzo ad altre persone che come voi hanno scelto il distacco e la gioia divina di un cuore puro, unito ad una mente ferma nella propria determinazione di riuscire a salire di livello, e che con la tenacia e la costanza ci sono riusciti. Ce l’avete fatta tutti.

Dovete salire ancora e crescere, avete tante cose da realizzare e conoscere, ma adesso la linea base sono l’altruismo e la collaborazione tra anime con gli stessi obbiettivi di fondo. Ci siete riusciti, siete nel Nuovo Mondo, questa è l’Età dell’Oro di cui tanto si è parlato. Voi l’avete decretata e la state costruendo, perché avete deciso di distaccarvi da abitudini obsolete, negative e stantie e da piccole questioni che vi appesantivano l’anima come enormi macigni.

Adesso seguite il suggerimento del vostro Angelo e guardate di nuovo giù su madre Terra. Vedetevi al lavoro, a casa, a fare la spesa, con i vostri problemi e affanni. Poi di nuovo guardatevi lì dove siete in Cielo, sentitevi come state nelle due scene che l’Angelo vi ha proposto e chiedetevi se volete esercitarvi al distacco, in modo da vedere e vivere la vostra vita con maggiore armonia e tranquillità, adesso che sapete che potete avere un futuro roseo e una grande evoluzione.

Rispondete a voi e al vostro Angelo che vi interroga col sorriso del suo sguardo e se la risposta è affermativa tornate nel vostro spazio celeste tutte le volte che desiderate e che ne avete bisogno, insieme all’Angelo Guardiano, per ricordarvi che quest’incarnazione sulla Terra è breve e che altro è già pronto per voi, se col distacco vi allenate nel cambiamento che vi compete e che il vostro Sé vi chiama a compiere.

Adesso salutate il Cielo e il vostro spazio in esso contenuto, ringraziate l’Angelo Guardiano e, con un sospiro che è un respiro lento e profondo, aprite gli occhi e vivete la vostra vita con la consapevolezza che è solo una piccola parte di un grande progetto. Vivete la materia sapendo che siete Spirito e che il distacco fa parte di voi.

IL GIORNO DELLA LEGGEREZZA

Molti di voi penseranno che la leggerezza sia cosa di pochi o di molti con la possibilità di non pensare al quotidiano e alle sue preoccupazioni, ma non è così. La leggerezza è un dono che raggiunge chiunque voglia intraprendere la via del contatto del proprio Sé e di tutto il mondo ad esso collegato. Non è una questione di possibilità economiche o di amicizie importanti, né di ricerca spasmodica del profondo a tutti i costi o del suo opposto superficiale.

Come detto è un dono, una meraviglia di stato d’animo e di percezione che giunge spontaneamente nel vostro cuore e in tutto l’essere, grazie alla preparazione che avete effettuato nel lungo periodo precedente durante la vita attuale e quelle anteriori. In molte incarnazioni avete provato, consapevolmente o no, a raggiungere vette più elevate di un semplice vivere terreno, con i suoi meriti e demeriti, e anche se non lo ricordate, questi tentativi vi hanno spianato la via per il momento attuale. Così in questo bastano un giusto utilizzo delle proprie conoscenze e la corretta determinazione emotiva per spingere in braccio al cambiamento. E questo arriva.

Non è preannunciato e dichiarato, ma arriva piuttosto come un visitatore furtivo e inatteso che, appena trova la giusta situazione, si presenta e si insedia portando il suo bagaglio di sapere e doni. È come per la meditazione, la nostra è solo una preparazione per poter attingere alla sua fonte. La sua conoscenza arriva solo quando siamo veramente disponibili e pronti per riceverla. E sempre leggerezza e meditazione sono collegate. Non si medita, se non in distacco dai problemi quotidiani ed eccezionali e non si è dotati di leggerezza se non si è distaccati dalle pesantezze che impediscono la meditazione.

Il primo punto da osservare e scoprire è l’affidabilità che noi diamo alle nostre azioni e al loro possibile successo. Siamo esseri di Luce nella sostanza e l’espressione delle nostre capacità si riverbera sempre nei nostri movimenti e nelle decisioni che prendiamo. Certo siamo più attenti al nostro profondo, se siamo noi a decidere dove vogliamo andare, invece di farci schiavizzare dalla mente e dai suoi pensieri.

E questo è il secondo punto da seguire, diventare responsabili di ciò che facciamo e che vorremmo compiere. Responsabilità e leggerezza vanno sempre di pari passo, perché solo nella consapevolezza di ciò che sono le nostre azioni e i loro moventi, noi possiamo recepire il giusto impulso a superarle e travalicarle per qualche cosa che le sublimi e le renda nel giusto splendore. Non è necessario fare sforzi per questo, ma semplicemente lasciar accadere senza opporsi. A volte l’opposizione al fluire è la nostra peggiore arma di controllo e blocco nell’evoluzione personale e nello sviluppo del Cosmo.

Non vi è niente di impervio, difficile o ostico in tale processo, ma solo una scelta fra essere e fare, tra accettazione di ciò che ci compete e pervade e dittatoriale scelta di controllo estremo, sia a fine benefici che per scopi poco nobili. La leggerezza compete a chi è libero dalla pretesa del comando su di sé e gli altri, a chi ha capito che per arrivare dove già siamo il passo è talmente breve da coprire lo spazio di un sospiro che venga dal cuore e che aneli con tutto sé a divenire ciò che è.

E questo è il terzo e ultimo passo della leggerezza, quello che richiede una totale avvincente consapevolezza di essere ciò che vogliamo diventare e che niente va fatto se non affidarsi al Superiore e lasciar fluire. Con la leggerezza si ricompone la visione interiore, la conoscenza dell’anima legata ai mondi sottili e a tutto il suo corredo di spiritualità e gioia profonda.

È il contrario della superficialità e solo gli yogi ne entrano in possesso, ma tutti possiamo esserlo. È previsto che tutti ci si risvegli a una divina leggerezza e ai suoi effluvi di fragranze dai mille profumi e altrettanti colori, di melodie parlanti e di vicinanze sottili. In fin dei conti basta crederci e lasciare che accada.

PERDONO E DISTACCO

Il perdono è molto frainteso sulla Terra. Sembra essere necessario per la persona che si redime e non lo è, viene considerato indispensabile per chi lo dà e non è esattamente così. Capite, le cose viste da un altro punto di vista hanno un altro aspetto e appaiono completamente diverse. Perdono le loro pesantezze e necessità.

È utile il perdono, non fraintendetemi, ma non così oscuro e farraginoso o melenso come spesso viene presentato. È piuttosto distacco, comprensione, trasmutazione e completa armonia ritrovata, rispetto a un evento o a qualcuno che ci ha fatto del male o creato pesantezze.

Perdonare e poi essere nuovamente nella difficoltà comportamentale verso chi o che cosa ci crea difficoltà, nervosismo, dolore o peggio non è la soluzione per uscirne. Lascia un legame alterno, che non è distacco. Il perdono effettivo, reale è quello che ci fa sentire costantemente bene, anche se pensiamo ad un evento fastidioso o pesante che ci ha creato enormi difficoltà, o a una persona per noi malefica.

Si può fare, per quanto questo sembri difficile o persino impossibile, perdonare è fattibile e all’ordine del giorno, fino a che ci saranno esseri e eventi che lo richiederanno. L’importante è capire di che cosa si tratta e non pretendere attività da questo dissociate e non pertinenti. Non si tratta di dire “passami sopra e fammi tutto quello che vuoi, che sempre ti perdonerò”, né di dire “me lo merito”. No, non è questo.

È una forma di consapevolezza e di visione più ampia, per cui ci rendiamo conto che abbiamo concordato in buona parte quanto accaduto o che accade, prima di incarnarci nell’attuale vita e che, nella linea temporale, abbiamo vissuto per nostra scelta qualche cosa che ci ha portati all’evento che ci infastidisce o peggio. Ciò non significa che dobbiamo continuarlo a vivere, ma che dobbiamo prenderne atto come qualche cosa che in quella forma o in una simile doveva accadere, per poter essere superato. E proprio questo abbiamo da fare, comprendere e distaccarci da ciò che non ci riguarda più e che è ormai diventato obsoleto nella nostra vita. Questo è saggio, intelligente, futuristico e estremamente arcaico, fino all’origine della creazione.

La verità sempre quella è, ma il modo di applicarla o vederla cambia, fino a che non si riprende una certa dimestichezza con la nostra interiorità. Niente sensi di colpa, perciò, se non perdoniamo immediatamente chi ci fa del male, ma piuttosto chiediamoci che cosa ciò significhi. Guardiamo il significato della parola, donare per qualcuno, rinunciare alla vendetta, sia pur giusta o comprensibile da un punto di vista sociale.

Decidere di non vendicarsi comporta una distanza di veduta e di fatti, un distacco, un allontanamento dall’accaduto, non per bontà, a volte incomprensibile, rispetto al malfattore, ma per amore nei propri confronti, per rispetto di se stessi e per comprensione degli eventi a livello più ampio o intuitivo. In poche parole prendere il distacco da ciò che potremmo fare, e che sarebbe comprensibile, aiuta noi ad incamminarci in altre direzioni, a patto che siamo sinceri.

A volte ci sembra di perdonare e sul momento è anche così, ma in profondità non lo è. Oppure abbiamo semplicemente un’alternanza di sentimenti e comportamenti che ci impediscono il distacco reale, quello che ci porta subito fuori dalla sensazione di fastidio e disagio, che ci prende quando pensiamo a chi in qualche modo ha abusato o si è approfittato di noi. Tanto è più pesante e duraturo nel tempo ciò che abbiamo subito e tanto più necessitiamo di un buon lavoro su noi stessi per uscirne vittoriosi, con distacco e senza giudizio, perché questo ci lega a chi ci danneggia o danneggia gli altri.

Il difficile è qui, nel non giudicare, ma anche questo è fattibile con l’allenamento. Come tutto nella vita, è una questione di pratica, di costanza e di attenzione. Considerare sbagliato un atteggiamento, un modo di fare o un’azione è doveroso, quando questi ledono qualcuno o qualcosa e il fastidio che si prova nel constatare tali eventi è inevitabile in un essere umano che tale voglia essere. Questo non è giudizio, è prendere le distanze, non condividere, intervenire in sostegno del giusto e distanziarsi con il proprio modo di fare da ciò che non ci piace nel cuore.

Il giudizio invece implica un legame tra chi compie le azioni nocive, anche se solo tramite pensiero e chi le sottolinea, riportandovi sempre l’attenzione. Quando si giudica si pensa a ciò o a chi si giudica e questo, più lo si fa, più forma un’unione tra giudicato e giudicante. Ecco perché giudicare fa male a chi lo fa. Fa bene essere chiari, intervenire, agire, ma distaccarsi e lasciare andare chi ha fatto male come qualche cosa che non ci interessa e non ci riguarda più. In questo c’è la grandezza del rinunciare a chiedere il ritorno di ciò che abbiamo subito, come singoli e come membri di una società, famiglia o gruppo.

Il distacco consapevole è la forma vincente del nostro agire e pensare, è ciò che ci porta su lidi nuovi e vittoriosi, dove carnefici, aguzzini e persecutori, consapevoli o no, non potranno approdare, se non dopo una totale catarsi. In poche parole, scegliamo la nostra compagnia mentale e fisica sulla scia del nostro benessere attuale e futuro e non sul ricordo di ciò che è stato. Il pensiero crea e dove lo indirizziamo viviamo. Il perdono in questo senso aiuta chi lo attua e vive completamente.

A chi lo riceve, se si è pentito, è utile come alleggerimento dalla preoccupazione di generare ancora danno in chi ha colpito, ma non altro. La sua colpa rimane e il peso delle sue azioni pure. Dovrà scioglierle nel karma, vivendo situazioni simili o peggiori, e più ne prenderà atto e accetterà ciò che ha generato e prima ne potrà uscire. L’accettazione delle conseguenze di ciò che abbiamo fatto, anche inconsapevolmente, accelera il processo di comprensione a cui ognuno è chiamato e pone chi ha sbagliato nella condizione di apprendere più rapidamente.

La considerazione poi che tutti, nell’arco delle nostre numerosissime incarnazioni, abbiamo compiuto atti sbagliati anche non voluti, ci porta più velocemente a perdonare, cioè a staccarci dal giudizio come legame e a volgerci a nuovi atteggiamenti. Forse in una vita passata, sia pur lontana, abbiamo compiuto un’azione simile a quella da noi oggi subita, o forse ne siamo stati complici o silenti testimoni. O forse no, e l’abbiamo permessa per dare una possibilità di comprensione agli altri, ma questo accade molto di rado. Solitamente a farlo sono gli Avatar, intesi come incarnazioni consapevoli della divinità, gli Yogi, i Grandi e poche anime progredite nel cammino dell’altruismo.

Non è un evento usuale, per ora, e comunque sia, anche se non abbiamo guadagnato con le nostre azioni passate ciò che abbiamo subito o subiamo, rimane il fatto che l’abbiamo accettato, forse per comprendere qualche cosa di più sottile, o per verificarci meglio, o solo per condividere un progetto di evoluzione altrui, di famiglia, di gruppo più ampio, generale. E tale accettazione ci rende partecipi, pertanto ci spinge a fare il lavoro fino in fondo e a allontanarcene appena ne sentiamo la possibilità, esercitando il distacco totale, la comprensione, lo sguardo lontano e profondo, inclusivo del perdono.

PAURA E DISTACCO

Il distacco è una pietra miliare nella nostra evoluzione. È indispensabile e forse la conquista più difficile che l’essere umano possa raggiungere. Amare è il motore della vita, in tutto ciò che facciamo, ma amare con distacco è divino, trasporta l’uomo su altri Piani, su livelli dove non esiste la sofferenza.

Raggiungere questo stato è tanto impegnativo quanto difficile, perché noi stessi ci opponiamo con tutte le forze al suo compimento. La nostra paura ce lo impedisce, la paura del nuovo, di perdere il conosciuto, anche se ci fa soffrire, di intraprendere strade solitarie e rischiose, di percorrere cammini impervi e imprevedibili. Messa così si può capire che nessuno voglia arrivare al distacco, ma non è solo negatività il percorso che porta a guadagnarlo. In realtà c’è molto di più, perché c’è sempre un altro aspetto da considerare, oltre a quello obbiettivo materiale, che è un dato di fatto innegabile, ma legato al momento contingente e poco oltre. E che in genere porta al ripetersi di situazioni ed eventi, perché la paura con il suo attaccamento non permette evoluzioni.

Se usciamo per un attimo dal giogo della paura, come se non ci interessasse, siamo pronti, anche se solo per quel momento, a recepire un mondo di possibilità, in cui può condurci solo il distacco dalla paura e da tutte le sue concatenazioni. In quell’attimo siamo liberi, liberi di essere, di percepire, di ascoltare, di evolvere, di intraprendere nuovi percorsi e di fare al meglio ciò per cui siamo scesi su madre Terra. In poche parole, riprendiamo il contatto con noi stessi e niente è più appagante di questo, perché lì è la nostra integrità, la nostra totalità, che nulla ha da invidiare alla sfera totale dell’universo e alla sua complessità. Questo lo si può sapere solo provandolo.

Gli scritti che lo descrivono e gli esempi che lo mostrano sono fondamentali per spingerci a cercare tale condizione, per spronarci e farci vedere che è possibile vivere nel Sé e essere se stessi quasi sempre, ma solo l’esperienza ci rende partecipi della conoscenza che già tanti hanno e dell’evoluzione della razza umana nel suo insieme. Solo sperimentare è la chiave per l’apprendimento. Tutto sta vedere che cosa decidiamo di provare. E qui si ritorna alla paura.

Fare esperienze uguali agli altri che ci stanno intorno e che formano l’ambiente in cui viviamo è la cosa più facile e allettante, perché il cammino è spianato e niente di particolarmente devastante come novità ci può succedere. Certo nessuno ci può accusare di stranezze o atteggiamenti contrari alla massa e al comando del momento. Questo è rassicurante e tutti abbiamo bisogno di sentirci sicuri. Inoltre tutti noi aneliamo all’amore, alla considerazione, all’esprimerci in modo da essere capiti, condivisi e apprezzati. E anche questo avviene facilmente se siamo sulla stessa lunghezza d’onda già impostata, che si trasporta di padre in figlio, di governo in governo, di stato in stato e società in società in un modo quasi impercettibile e devastante, perché per essere accettati noi facciamo di tutto.

Ci dimentichiamo che siamo anime, che dobbiamo ascolto al divino che è in noi, che abbiamo la responsabilità di cambiare questo mondo e renderlo migliore di come l’abbiamo trovato. Potremmo dire che ci vendiamo l’anima per pochi spiccioli, per qualche sguardo di amore presunto tale, per una vicinanza apparente, per un sostenersi a vicenda con le stampelle, senza mai guardare oltre le apparenze. Può l’essere umano, creato a somiglianza di Dio, uguale a Dio, essere soddisfatto e contento di questo?

Arriverà sempre, per tutti, il momento in cui qualche cosa non va talmente in profondità che dovremo fermarci e trovare quell’istante di pace interiore che ci porta in contatto con noi stessi e che ci fa sentire l’universo al nostro interno e noi in lui. Non c’è possibilità di fuga da ciò, perché siamo strutturati per arrivare a questo, per essere questo, perché la nostra conformazione riguarda il fisico evidente e il sottile ancora molto disatteso, ma estremamente vasto e potente. Non si può uscire dalla propria natura, si può solo evolvere. L’unica libertà di scelta che abbiamo al proposito è quando cominciare a guardare con altri occhi il solito mondo dentro e fuori di noi. Non c’è un momento migliore o peggiore, ma solo un passaggio che noi decidiamo di fare in quel momento specifico in cui siamo nella linea temporale.

E quell’attimo ne segnerà altri e altri ancora, fino ad arrivare ad uno di non ritorno nel vecchio schema di paura, attaccamento al conosciuto, avidità di volerlo continuare all’infinito, come se fosse l’unica possibilità che abbiamo. Non è così. Siamo grandi, diventati piccoli per le nostre paure, conseguenti alle scelte di ego prioritario rispetto all’amore e quindi discordanti con le leggi divine. Il nostro libero arbitrio ci ha portati a questo e il libero arbitrio, la capacità di discernere e decidere, ci riporta indietro alle origini, a casa.

Non vi è spinta che serva per questo movimento se non c’è la volontà di chi decide, non vi è suggerimento o esempio che possa aiutare chi non vuole vedere e ascoltare, ma certo tutto ciò che muove verso l’Alto e il Definito aiuta a considerare prima o poi chi siamo, da dove veniamo e dove siamo diretti. Solo non conosciamo il tempo che ciascuno di noi può impiegare per tale percorso di ritorno a casa. ‘Conosci te stesso’ c’è scritto sull’oracolo di Delfi.

Conosci il tuo percorso, la tua essenza e conoscerai il mondo. Ma come puoi, se dal mondo non ti distacchi? Dal mondo apparente del giogo che avviluppa tutti e che da uno all’altro si diffonde come un batterio che devasta silenziosamente la capacità di apprendere e verificare, fino a che non si incontra un altro batterio che ha in sé l’antidoto e che riporta un po’ di luce e calma nelle nostre teste e nel cuore. Però dobbiamo riconoscerlo o almeno percepirlo, fino ad arrivare a voler sperimentare quel nuovo modo e tentare il distacco dal vecchio obsoleto, che si è frapposto a ciò che è da sempre. Così potremo iniziare il viaggio verso casa.

Quanto durerà ancora una volta dipende da noi e dall’uso che facciamo del libero arbitrio. È una questione di tempo intraprendere il cammino diverso e proseguirlo con estrema determinazione, anche perché, una volta intrapreso, oramai tutto ci fa soffrire, o alternare avanti e indietro o fermare a lungo e poi ripartire. Ci sono infinite combinazioni di possibilità in questo, tante quante sono le vite umane sulla Terra. Ma è certo che al cammino di conoscenza e ritorno a casa dobbiamo arrivare. La storia dei grandi e dell’Universo lo dimostra, che lì dobbiamo procedere e tutti arriveremo a quel punto di contatto con noi stessi, il nostro Sé e la Creazione intera. Perché aspettare ancora e non dare adesso la possibilità a questo pianeta di evolvere con noi?

Più persone lo fanno e più ci avviciniamo alla massa critica umana necessaria per smuovere talmente tante energie da trascinare nell’evoluzione anche i più retrivi e certo da cambiare giochi e meccanismi di comportamento e controllo, perché al karma dei singoli si antepone quello globale, che amplifica le energie in un modo o in un altro. Potrebbe non essere più la paura a comandare, ma la libertà di essere divini.