L’OSCURA NOTTE DELL’ANIMA parte I

Quando senti il vuoto dentro di te e percepisci quello che sei come avvolto nella nebbia più profonda, tanto da perdere la congiunzione con ciò che sai, con ciò che senti, con ciò a cui aneli, sei arrivato a quello che gli Esseni definiscono l’Oscura Notte dell’Anima.

Non c’è appiglio, non cura, non fuga. Devi solo immergerti ed aspettare che tu stesso abbia assimilato ogni sequenza e ogni sospiro di quel passaggio oscuro e temuto. Il suo dolore è denso come il suo respiro. Vive di una vita propria, che tu stesso gli hai dato con il tuo vivere e pensare, con il fluire delle incarnazioni attraverso cui ti sei forgiato per arrivare fino a qui, ad incontrarlo e a lasciargli volutamente lo spazio di esistere in te ed intorno a te, perché solo così può avvenire la tua trasformazione. Lo sai e lo senti.

Nel profondo dell’anima c’è il dolore del distacco avvenuto, senza aver mai avuto prima l’amore della perdita, senza aver mai avuto, c’è il dolore della consapevolezza che c’è un vuoto perenne dentro di te ed una mancanza a cui ogni tuo sforzo non può portare giovamento. Ciò che appare un sollievo è una fugace apparenza, ma non vi è rimedio ad una base mancante. L’edificio va demolito e ricostruito.

Per fare questo, basta guardarlo mentre si sgretola e, con la consapevolezza di ciò che è, basta aiutarlo a cadere completamente fino all’ultima pietra. Arrivati lì, è da guardare il disastro o la libertà della propria vita, guardare a che cosa ci congiunge il vuoto della distruzione di ciò che appariva solido, ma era solo un accumulo di massi in attesa di essere smantellati. E vento dopo vento, ciascuno di loro è caduto, prima uno alla volta e poi gli ultimi di colpo tutti insieme.

Sei stordito alla loro caduta, sicuramente solo e frastornato, senza appigli e punti di riferimento e, ogni qual volta sei sul punto di dire adesso basta, una piccola pietra che era rimasta lì si sfalda di più e scivola completamente giù con tutta la sua polvere.  E tu assisti e guardi e prendi consapevolezza ogni istante di più, fino a sentire quel vuoto che ti sfalda l’anima e ti risucchia le energie via lontano da te, non sai neanche dove.

In quel vuoto totale ti perdi e ti lasci perdere, oramai esausto e guardi come se non fossi più tu.

In quel pauroso distacco ti vai adesso ad immergere, con la coscienza di farlo, e nessuna più remora a lasciarti andare. Non è voglia di distruzione la tua, ma semplice resa a ciò che è, a ciò che ti avviene dentro e accanto, al tuo fluire con la vita, qualunque essa sia. E in questa resa le tue facoltà diventano più acute, affinate dalla sofferenza e dalla lotta contro te stesso, contro la vita che ti sospinge dove hai l’appuntamento con la tua oscura notte dell’anima.

Per quanto tu abbia fatto, niente è valso ad evitarla e niente ti può riportare all’infanzia primordiale del tuo ego, là dove desideravi essere amato e accudito al di sopra di tutto e dove anelavi a fonderti con l’amore che non hai mai ricevuto. In questo disastro continui a guardare e, oramai completamente scosso dagli eventi della tua vita di tutte le incarnazioni, che conosci e non, e che ti hanno portato fino a qui, acquisti una sorta di fermezza che, se anche per un attimo, ti porta a farti qualche domanda in più e ad osservare zone buie che non avevi mai esplorato, oltre il primo velo di Maya.

Così riporti l’attenzione a te in un’altra versione, in un aspetto finora inesplorato e pieno di vuoto. Lì trovi il tuo rapporto con Dio, quello che pensavi esserlo e quello che non sai che cosa sia. Ti ci tuffi, perché non hai più alternative, ci scivoli dentro, anche non volendo. Lo esamini da lontano prima e poi con cautela ti ci avvicini sempre di più, ne prendi consapevolezza e, a poco a poco, vedi o meglio percepisci qualche frammento di verità, o della verità che sei disposto e pronto a vedere ed accettare.

Hai una folgorazione dolorosa, che ti mostra la vita per come hai pensato che potesse essere, per come hai lasciato che fosse a tuo discapito, rimandando e posticipando o semplicemente facendo finta di nulla, per poter sopravvivere. Ma adesso sai che non sei sopravvissuto, che ogni sospiro di te, che hai permesso che se ne andasse per compiacere qualcuno, per ottenere l’amore mai avuto, è un soffio di vita perso, rinunciato per timore di esprimerti, di conoscerti e di vedere la tua bruttezza, perché chi non è amato è brutto e fa male al mondo.

Così sei scivolato via lontano da te stesso sempre di più, triste di molte vite accumulate nel cercare ciò che non avresti mai potuto raggiungere, perché proprio questo dovevi avere per poter arrivare a comprendere. Adesso lo sai, ne senti la sofferenza, la rabbia e l’inutilità di questa. Non sai come muoverti e arranchi per cercare di capire ciò che non è capibile, ma solo da accettare, da guardare senza giudizio e ricerca di spiegazione e da lasciar andare.

A questo punto, ti chiedi se ne è valsa la pena arrivare fino a lì dalla notte dei tempi, se non era meglio arrendersi subito al primo vagito delle proprie esistenze, senza neanche sapere che cosa la vita avrebbe mostrato per te e per il tuo percorso. Ma anche qui non c’è risposta, non c’è possibilità di vedere in profondità fino a che la ricerca della comprensione oscura la via e rende il percorso inagibile e tortuoso.

Solo l’accettazione, ti viene in mente, può dare ristoro alla tua anima stanca, l’accettazione di qualche cosa che ti ha rovinato la vita, negandoti la gioia, per ricordarti sempre che non sei degno, che altri lo sono ma non tu, che neanche tu puoi fidarti di te stesso per come sei. Ma accettare l’inaccettabile per qualsiasi senso di giustizia porta ad appesantirti l’anima ancora di più, come se per te non ci fosse alla fine neanche un briciolo di equità, come se tu stesso, così facendo, non sostenessi più la giustezza del tuo sentire e il dolore terribile che la mancanza di ciò che dovevi avere ti ha causato.

Nell’accettazione c’è la rinuncia a lottare per ciò che è giusto perché, oltre a tutto ciò che hai patito, ti si chiede di amare oltre il perdono e di lasciar andare persino oltre il ricordo, in modo che il tuo distacco sia totale e perenne. E qui, mentre lotti per distruggere un altro velo di Maya, o semplicemente per lasciarlo cadere, hai un’altra intuizione e ti chiedi come sei posto tu verso il Cosmo, come credi veramente che la Totalità si rivolga a te, come puoi essere sempre triste se il Mondo ti sorride.

Ti chiedi tutto questo e sei sopraffatto dalle tue stesse domande, alle quali hai paura di avvicinarti, sia pur con cautela, perché non sai se le risposte ti stravolgeranno, se saranno vere e profonde e che reazione avrai di fronte ad esse. Quindi resti lì ed osservi le domande che poni, chiedendoti perché non te le sei mai fatte prima e se hanno veramente un senso.

Ma un senso ce l’hanno, lo sai in fondo al cuore, perché in realtà hai sempre saputo che dovevi arrivare lì e sai che hai aspettato troppo e troppo hai rimandato quell’appuntamento con la tua anima, che doveva arrivare e che ora che è qui e ti fa persino tirare un sospiro di sollievo, perché la tanto temuta ora è arrivata e adesso non si può che superare.

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